Il miracolo della condivisione

Illustrazione di Fabio Vettori

28 luglio 2024 – Domenica XVII Tempo Ordinario B

2 Re 4,42-44; Ef 4,1-6; Gv 6,1-15

«Tu apri la mano, Signore, e sazi la fame di ogni vivente». Sal 144,16

A partire da questa domenica ci viene offerta la lettura continua del capitolo sesto del vangelo di Giovanni, uno dei testi eucaristici per eccellenza. Se vogliamo collegarlo al vangelo precedente, potremmo dire che questo segna il passaggio dalla compassione alla condivisione. I momenti che emergono nel brano evangelico sono almeno cinque e vale la pena enuclearli brevemente:

1. Gesù spinge i discepoli a una presa di coscienza della situazione: bisogni e risorse in gioco. Nel momento in cui domanda a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?» lo invita a prendere coscienza di quanta gente c’è e del fatto che tutta quella gente ha bisogno di cibo. Nel momento in cui Andrea si rende conto della presenza di un ragazzo con cinque pani d’orzo e due pesci, in quel momento si sa quali sono le risorse disponibili. Prima di far entrare in gioco la propria potenza, il Cristo vuol far suscitare la nostra disponibilità.

2. Gesù provoca all’azione e alla collaborazione: rende partecipi del suo intervento. Invita i discepoli a far sedere la gente, cioè a mettere la gente a proprio agio. Nessuno sa ciò che sta per accadere (tranne Gesù) e si crea un clima di attesa e di sorpresa.

3. Gesù opera. È il momento centrale, il momento della preghiera di ringraziamento che si trasforma in moltiplicazione/condivisione dei pani e dei pesci. Va notato che non c’è prima la moltiplicazione e poi la distribuzione ma sembra che la moltiplicazione avvenga nella distribuzione, cioè nel momento della condivisione. I pani e i pesci si “moltiplicano” mano a mano che i discepoli li condividono con la folla. Finita la distribuzione, nonostante tutti ne abbiano mangiato «quanto ne volevano», rimangono ancora moltissimi pani.

4. Gesù fa «completare» la sua opera agli apostoli. Sono loro che devono raccogliere i pezzi avanzati «perché nulla vada perduto». E ne raccolgono dodici canestri, quanto basta per sfamare un popolo (è questo il significato simbolico del numero dodici). Per Giovanni non ci saranno altre moltiplicazioni del pane, perché da ora in poi sarà compito dei discepoli (cioè della Chiesa) non più quello di condividere il pane moltiplicato ma di moltiplicare il pane condiviso.

5. Gesù si ritira per non venire frainteso e strumentalizzato politicamente. È il rischio che corre la Chiesa nel momento in cui la si considera unicamente nella veste di istituzione umanitaria-caritativa anziché come veicolo di comunione col Cristo e per mezzo suo col Padre. Come ha ripetuto più volte papa Francesco “la Chiesa non è un negozio, non è un’agenzia umanitaria, la Chiesa non è una ONG” (Udienza generale, 23 ottobre 2013).

Questa breve scaletta ci permette di cogliere come nell’Eucarestia correttamente intesa si riassuma tutta la vita cristiana. Su questo modello di «celebrazione eucaristica» andrebbero pertanto confrontate le nostre iniziative e le nostre progettazioni pastorali, ma anche le nostre scelte economiche personali, familiari, ecclesiali e pubbliche. Sul principio di condivisione che diventa moltiplicatore di solidarietà a livello globale andrebbero valutate anche le scelte politiche ed economiche dei “grandi” della terra. Come ha scritto Nello Scavo su “Avvenire” dello scorso 14 giugno, a margine della riunione del G7: «I “grandi” stanziano ogni anno 1.200 miliardi in spese militari, quando ne occorrerebbero 31,7 per contribuire ad eliminare la fame che colpisce in misura grave oltre 281 milioni di persone. Per non dire dei 4 miliardi con cui si risolverebbe la crisi del debito che stritola il Sud del mondo».

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