Quando si parla di stampa 3d – che gli addetti ai lavori definiscono, più propriamente, “manifattura additiva” – si intendono le tecnologie che consentono di costruire un oggetto solido a partire da una serie di strati, ognuno dei quali è stampato sul precedente. Quali sono i punti di forza di queste tecnologie e quali invece gli aspetti che ancora fanno problema? Lo abbiamo chiesto al prof. Tullio Tolio, presidente del Comitato tecnico scientifico del Cluster Fabbrica Intelligente, che mette insieme imprese, università, organismi di ricerca, associazioni e enti territoriali per la crescita del manifatturiero.
Quali prospettive apre per l’industria manifatturiera la stampa 3D?
Questa nuova tecnologia apre nuove possibilità, in parte note e in parte tutte da esplorare. La più evidente è la libertà di produrre forme complesse che con altre tecnologie non sarebbe possibile realizzare o prodotti che già si facevano, ma in modo diverso.
Che altro?
Altri aspetti molto importanti sono legati ai materiali. Per esempio, è possibile ottenere elevati gradi di purezza del materiale e assenza di difetti: soprattutto per applicazioni di punta, nel settore dell'energia piuttosto che aeronautico, ciò ha un impatto rilevante.
Una delle macchine presenti a Rovereto consente di lavorare con materiali diversi, sia aggiungendo che sottraendo materia al pezzo.
Poter realizzare oggetti costituiti di più materiali, quindi anche con caratteristiche meccaniche differenti, con altre tecnologie non si può fare oppure è estremamente difficile. Ciò apre grandi possibilità.
Quali sono invece i problemi?
Stiamo parlando di un processo tecnologico complesso, non di qualcosa di magico. Non è che premendo un bottone creiamo un oggetto dal disegno al computer alla realtà.
Ci fa un esempio concreto?
Se parliamo di materiali metallici, abbiamo a che fare spesso con un processo di fusione, con tutti i problemi che che questo comporta: ad esempio quello dei ritiri, che porta a distorsioni geometriche dell'oggetto.
Come si rimedia?
Vi si può fare fronte con un'adeguata progettazione del processo e del prodotto, in modo che poi effettivamente ciò non si verifichi. Ripeto, però, che è molto diverso dal pensare di premere un pulsante e avere un prodotto perfetto. C’è bisogno di un’attenta progettazione.
Queste macchine che fanno cose incredibili hanno però bisogno dunque di personale adeguatamente formato.
La formazione è fondamentale, perché queste macchine uniscono molti aspetti diversi. Occorrono persone che uniscono diverse competenze. Va detto che le università italiane sono molto attive; ci sono in Italia moltissimi centri con laboratori dove si fanno formazione, sperimentazione e ricerca. Si sta formando una generazione di persone in grado di affrontare questi problemi.
Come si pone Fabbrica Intelligente per promuovere la diffusione di questa tecnologia giovane e in continua evoluzione?
Fabbrica Intelligente si è concentrata molto sulla definizione di linee di intervento poi declinate in priorità di ricerca a servizio del settore manifatturiero italiano. Ha promosso iniziative di ricerca, innovazione, sviluppo, ma anche orientate alla formazione. Ad esempio, stiamo spingendo con forza la figura del “dottore di ricerca” in azienda, una realtà ancora limitata, nei numeri, in Italia, ma che potrebbe far fare veramente il salto di qualità.
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