Alla Cattedra del confronto un tema fuori moda, affrontato dal rabbino Di Segni e dal teologo Neri
La sfida della purezza è rendere l'umano capace di conservare il suo desiderio, non sacrificandolo sull'altare del consumismo. È uno degli spunti di riflessione emersi nel dialogo tra Riccardo Di Segni, Rabbino capo della Comunità ebraica di Roma e vice-presidente della Conferenza Rabbinica Europea, impegnato nel dialogo interreligioso in particolare con i cattolici, e il teologo Marcello Neri, docente di Teologia cattolica e Studi europei all'Università di Flensburg in Germania, durante l'ultimo incontro della Cattedra del Confronto 2019 dedicato alla purezza, svoltosi lunedì 25 marzo in una gremita Sala della Cooperazione, a Trento.
"La purezza è qualcosa di estraneo all'attualità – ha esordito don Andrea Decarli – evoca moralismi, teorie razziali, invece è la sfida culturale più dirompente, nella consapevolezza che la contaminazione, culturale, sociale, personale, appare l'unica via per una possibile convivenza".
Il nostro tempo non parla molto di purezza, non sa come recuperarla e al tempo stesso c'è il rischio di una pretesa di perfezione all'insegna del "duro e puro" che può essere fonte di discriminazioni e fanatismi: dobbiamo purificare la realtà o avere occhi più limpidi? Alla riflessione degli ospiti è seguita la visione di un breve video, poi spazio alle domande della sala: nell'oscillazione tra preservare l'identità e attuare forme di convivenza, la purezza è ponte tra i due poli? È questione di igiene, armonia o di estetica? Quali sono i luoghi in cui si può essere educati alla purezza? Nell'ambito della salvaguardia della natura, quale contributo può offrire?
"L'igiene può rendere neutro, togliere il profumo dell'altro – ha risposto Neri -, ma c'è una purezza rituale che non diventa neutralizzazione. L'amore oblativo rappresenta l'esito di un percorso storico avvenuto nell'Occidente europeo in cui la purezza è diventata il legame tra due polarità, ma sarebbe opportuno rimanesse essa stessa uno dei due poli. La purezza è svalutata, ridotta a mera devozione popolare o moralismo, invece è centrale nella storia della modernità, intesa come capacità di controllare il desiderio in modo da conservarlo per evitare che diventi dominio sull'altro e che venga consumato nelle cose. Dobbiamo creare luoghi, piccole comunità di pratiche democratiche. C'è una sensibilità ecologica diffusa, occorre raccoglierla".
"Nella Torah – ha detto Di Segni – si narra di macchie che compaiono sulla pelle di una persona o sulle pareti della casa come segno di impurità, conseguenza dell'uso improprio della parola. Il legame tra impurità e moralità ha come conseguenza che la persona che ha compiuto un reato sociale come quello di maldicenza deve essere isolata dalla comunità. C'è la tendenza a dare una spiegazione igienistica a norme della tradizione poiché non rispettarle implica un danno per la salute, ma bisogna distinguere: si diventa puliti lavandosi, ma puri si diventa immergendosi nei bagni rituali. Bisogna stare attenti all'uso del temine igiene: un secolo fa la guerra come igiene dei popoli ha portato al massacro globale. Il tema della giustizia è collegato alla purezza: c'è chi parla di "mani pulite". La purezza delle forme richiama ideali della classicità mentre l'attenzione biblica è rivolta a ciò che è buono, non al bello. Per la tradizione ebraica, la virtù del controllo del desiderio è l'eroismo, il dominio di sé. L'uomo è stato cacciato dal giardino dell'Eden, non se ne è preso cura, si è comportato male: la Bibbia dice di non rendere impura la terra".
"La tradizione ebraica e la nostra – ha detto il Vescovo Lauro intervenuto per un saluto conclusivo – possono essere unite da questa realtà che descrive Dio: la purezza si manifesta nella volontà di lasciare che l'altro esista in quanto altro, diverso da me, e nel fare ciò che è necessario perché possa esprimersi nella sua diversità. Il rischio è che le esperienze religiose ingabbino Dio nei nostri schemi impedendoci così di incontrarlo, invece dobbiamo ricordare lo Shema Israel: purezza è lasciare l'altro libero di essere e ascoltare".
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