Ha imparato a conoscere il figlio man mano che cresceva, poi a lasciarlo andare e volergli bene pur non capendo tutto quello che stava accadendo: Maria è esempio di amore incondizionato e insegna che l’arte di vivere questo legame è un percorso. Mostra inoltre che tra i “compiti” che ogni madre ha c’è soprattutto quello di liberarsi dal proprio progetto d’amore sui figli. È una delle riflessioni più affascinanti condivisa da Maria Pia Veladiano a partire dal suo ultimo libro, “Lei” (Guanda, 2017), dedicato a Maria di Nazaret, dialogando con Riccardo Mazzeo nell’incontro svoltosi il 24 ottobre nella Biblioteca provinciale d via Romagnosi, a Trento. La presentazione ha inaugurato la rassegna Conversazioni con Tè 2018 ideato dalla Biblioteca della Provincia-Servizio Attività Culturali, in collaborazione con l’editor e scrittore.
Il libro è “un diario umanissimo sull’essere genitori e sulla divina arte di assecondare la vita”. Lo definisce così la stessa autrice dando voce a un personaggio unico, Maria, e restituendola alla sua piena essenza umana. Mentre è ancora una ragazzina, aspetta un bambino inatteso in un contesto ostile, legata a Giuseppe dauna promessa che lui avrebbe potuto sciogliere, condannandola alla lapidazione o a finire in strada. Citata solo sei volte nei Vangeli, sembra presenza impalpabile, invece, chiamata a scoprire man mano cosa significa la maternità e cosa comporta essere madre di un figlio speciale, pensa e riflette su quello che le è capitato come fa ogni madre o padre quando sperimenta qualcosa di imprevedibile, che mette in difficoltà o spaventa. “Maria dice sì all’angelo, ma né lei né Gesù sapevano già tutto – ha commentato Veladiano -: hanno imparato nel tempo a capire chi erano e questo li rende vicini a ogni genitore e figlio. Maria custodisce senza capire subito, come quando una madre ascolta e osserva il figlio, notandone le caratteristiche e i talenti, e lei e Giuseppe sono esempio vivente di come si esprime l’amore di coppia, quando lei sceglie anche per lui”. Maria infatti ha potuto dire “sì” perché sapeva che Giuseppe avrebbe capito e non l’avrebbe abbandonata. “Il mistero dell’amore che unisce una donna e un uomo sta anche nell’intesa reciproca: uno risponde anche per l’altro perché a volte uno dei due è un passo più avanti e l’altro si affida e segue”. “È un riprenderci sul punto di un cadere silenzioso”, dice Maria, e allora la paura diventa forza raccolta, quella forza necessaria anche a opporsi al male. “La nascita del Salvatore non elimina il male, a causa sua Erode ordina la strage degli innocenti, ma pur consapevoli che il male c’è e rimane, spetta a noi impedirne l’inizio”. Quella della Madonna è anche l’esperienza straziante e contro natura di una madre che perde in modo terribile il figlio: tradito, accusato, processato e ucciso come un criminale pur essendo innocente. Con la prosa poetica che la contraddistingue, Veladiano coniuga il divino – l’Annunciazione – con l’umano – i dubbi, la paura, la morte, il dolore – e nell’immaginare il percorso esistenziale di Maria – dipinta da Lorenzo Lotto con gli occhi puntati sul mondo, come a dire che sarà sempre con l’umanità smarrita, che a lei può affidarsi perché, pur spaventata, non scappa di fronte al mistero -, la vede ripercorrere l’amore vissuto per e con Gesù, capendo che ogni amore nasce con la pretesa di eternità. Testimone di una fede che va oltre la morte, può addormentarsi serena, senza bisogno di andare al sepolcro perché sa che il figlio è ancora vivo: “Sarei potuta andare a vedere. Vedere è meno di sapere e io sapevo”.
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