L’iniziativa promossa dalla Diocesi di Trento si è chiusa lunedì 19 marzo, festa del papà, con una riflessione sull’essere padri
Al padre si è tradizionalmente attribuito un ruolo direttivo che si riteneva forte e certo, oggi invece la paternità sembra essere più fragile per molti motivi, tra i quali l'emancipazione femminile e il fallimento di modelli educativi basati sull'autoritarismo. È partito da questa constatazione l'ultimo incontro della Cattedra del confronto dedicato al tema dell'"Essere… padri", esplorato dalla psicologa Barbara Massimilla e dal pedagogista Ivo Lizzola lunedì 19 marzo in un'affollata Sala della Cooperazione, a Trento.
"Appare necessario ripensare la figura del padre – ha evidenziato don Andrea Decarli nel saluto introduttivo -, ma la componente narcisistica non gioca a favore di una reale assunzione di responsabilità. Alla paternità sono connessi compiti quali la trasmissione del rispetto delle regole e dell'eredità, l'accompagnare il figlio nel passaggio che porta a uscire dal nido familiare per consentire l'ingresso nella vita sociale, ma c'è ancora possibilità per questo ruolo paterno o è destinato a scomparire? Quali caratteristiche deve avere la paternità per conoscere una nuova alba?".
Le domande della sala
Alla riflessione dei relatori è seguita la visione di un breve video con spezzoni tratti da alcuni film sull'argomento, poi spazio a domande e osservazioni della sala: suscitò scalpore l'omicidio di Novi Ligure compiuto da Erika e Omar, e colpì molto il tentativo del padre di Erika di ricucire il rapporto con la figlia. Il tempo attuale è molto veloce: il padre dovrebbe consegnare ai nativi digitali strumenti di interpretazione della realtà che non possiede. Emerge il bisogno dell'uomo forte al comando: c'è un antidoto a questa deriva? Cosa significa trasmettere memoria? Come pulisci il futuro quando il presente è sporco?
"Sono situazioni estreme – ha risposto Massimilla -: il padre ha mostrato la sua pietas nel cercare di ricucire una frattura irrecuperabile. A queste tragedie possiamo opporre la capacità di fare luce dialogando con la nostra ombra, con la nostra parte distruttiva. Già nel 1966 Adorno diceva che la figura del padre era in crisi dagli anni ‘50 in poi: si sperava che ciò significasse maggiore libertà per le donne e i figli, invece c'è stato uno scollamento tra universo maschile e femminile. L'onnipotenza è un meccanismo di difesa attraverso il quale neghiamo la nostra fragilità: nasconde il bisogno di dominare l'altro. Dobbiamo smantellare questa inautenticità. Pulire il futuro è possibile nella tensione al bene, nei piccoli gesti di volontariato in cui siamo utili agli altri. La memoria si trasmette raccontando la propria storia, ammettendo i propri errori. Compito del padre è scegliere le parole giuste per educare al vero e cioè alla libertà. Perseveranza e coraggio sono parole che dobbiamo cercare di vivere".
“Il padre ha provato a stare nella relazione, assumendo su di sé l’ombra violenta della figlia non riconosciuta in tempo – ha commentato Lizzola -. Ci sono molti padri, madri e figli che provano a ridire la relazione ferita, lacerata e poi pian piano ricomposta. Per capire ciò che è bene e ciò che è male, bisogna farsi carico dell’ombra dell’altro pensando che è anche in noi, e così facendo restituire la distinzione: questo è pulire il futuro. Il presente non è mai solo presente: è anche l’anticipo, la promessa di molti futuri. Simone Weil scriveva che il futuro entra in noi prima che avvenga, ci muove dentro, poi lo esprimiamo in gesti che sono i segnavia di un futuro che è già qui. Consegnare la memoria è consegnare impegni ai giovani, mostrandosi seri nei loro confronti. Bisogna avere fiducia, guardare l’umano che sta tornando a nascere nella tessitura di nuove reciprocità tra donne, uomini, famiglie, comunità in cui matura una nuova convivenza: forme di prossimità coltivate da persone solidali. In esse c’è anche paura, e per questo tali forme di fraternità non riescono a tradursi in forme politiche, ma si tratta di recuperare un nuovo senso di libertà, non considerandoci spettatori della crisi sociale ma minoranze che sono segno di contraddizione”.
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