Prometeo è invece l'anti-maestro che ottiene con l'inganno ciò che non gli appartiene, arrogante perché non riconosce il limite
“Leggendo il libretto delle istruzioni, sappiamo come procedere, ma siamo dipendenti dall'istruttore, che ci dice tutto, ma non ci dà tutto. Il maestro invece è colui che, anche se non sa tutto, ti dà tutto, perché, trasmettendoti la sua abilità, ti dà un metodo, rendendoti libero e autonomo, capace di affrontare da solo i problemi che si presentano di volta in volta”.
È la differenza fondamentale tra istruttore e maestro, messa in evidenza da padre Giuseppe Barzaghi, sacerdote domenicano direttore della Scuola di Anagogia di Bologna, ospite del primo incontro del ciclo dedicato all'approfondimento di "I nemici dell'educazione", individuati nelle figure mitologiche di Prometeo, Sisifo e Narciso, promosso dal Collegio Arcivescovile in collaborazione con Artigianelli, Sacro Cuore, Istituto Salesiano e Sacra Famiglia, insieme alla Fidae e all’Agesc, l’Associazione genitori scuola cattolica, svoltosi mercoledì 7 febbraio nell'aula magna dell'Istituto, a Trento.
Nel corso dell'incontro, introdotto da un video composto dalle interviste realizzate da studenti e studentesse frequentanti il Liceo Arcivescovile per le strade di Trento e poi ad alunni e alunne della scuola elementare, "interrogati" sul mito prometeico, è emersa la differenza tra modelli educativi antagonisti.
Prometeo è l'anti-maestro che ottiene con l'inganno ciò che non gli appartiene, arrogante perché non riconosce il limite: la tecnica è un sapere che aspira ad un potere smisurato, e dunque il titano è nemico dell'educazione perché simboleggia il volere solitario dell'uomo moderno che si autodetermina e crede di essere padrone della vita e della morte. Gesù, invece, coinvolge gli uomini e si coinvolge con loro e il sapere è trasmissione che mette in comune la conoscenza e fa crescere sia maestro che discepolo, in un movimento ascensionale che rievoca la figura del buon samaritano che si china sul viandante derubato e lo carica sul suo cavallo.
"L'istruzione prepara una costruzione, ossia qualcosa che si appoggia su altro, imponendosi, dunque chi la subisce, resta umiliato; la maestria invece è un educare – ha esordito il docente di filosofia teoretica e di teologia fondamentale -. Il maestro non ha bisogno di imporsi: è autorevole e per questo chi si affida a lui raggiunge la maturità per contagio". La conoscenza presuppone un'obbedienza da parte del discepolo che si lascia ammaestrare: il sapere viene assimilato, non derubato: "L'istruttore ti rende dipendente, il maestro invece riconoscente, crea una comunione rendendoti consapevole di ciò che non sapevi di sapere".
La maestria, inoltre, è capace di educare alla ricerca e ciò significa anche considerare il dubbio indispensabile: "Il vero ti guarda ma non sai guardarlo, si nasconde dietro al dubbio, che lo protegge e muove la ricerca. Il vero poi genera sicurezza: essere sicuri significa dire ciò che è constatabile per te e questo non genera combattimento con l'altro, che implicherebbe la sua eliminazione, ma conversazione e scambio dei punti di vista".
"Prometeo si impossessa di qualcosa di divino – ha concluso padre Barzaghi rispondendo alle domande della sala -: il desiderio del divino è positivo, ma con il divino si può essere solo coinvolti, non tentare di conquistarlo. È il divino che prende l'iniziativa e nel Cristianesimo l'uomo è coinvolto con la vita stessa di Dio, come quando si arrotola un foglio e la parte che prima avvolge, poi viene involta: Dio ci prende in sé e si lascia prendere. Quando scopriamo questo coinvolgimento, tutto è sicuro: se hai bisogno di accertare e dunque di combattere, sarai certo ma non sicuro, quando sei sicuro non hai bisogno di fare battaglie, la verità abita la sicurezza, senza affanno".
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