Valentina e Serena si sono finalmente sentite accolte in una famiglia. E allora…
"Se crediamo fino in fondo ai nostri sogni, possiamo realizzarli: non da soli, ma grazie a Gesù, un amico che ci sta sempre vicino e ci sostiene attraverso l'amore delle persone che ci accolgono e ci aiutano, come è capitato a noi". È il cuore dell'intensa testimonianza di Valentina e Serena, due giovani donne appartenenti all'associazione Domus Familiae di Padova, ospiti sabato scorso della Famiglia Salesiana alla festa dedicata al patrono Giovanni Bosco per gli studenti della scuola media.
Aperta da giochi nel cortile, la mattinata è proseguita in teatro con la messa in scena di alcuni episodi della vita di don Bosco: alunni e alunne ne hanno rievocato dedizione, pazienza e dolcezza nel prendersi cura di bambini e ragazzi rimasti orfani, invitandoli a venire in oratorio, dove avrebbero potuto vivere come in una famiglia, e incoraggiandoli nella ricerca di un mestiere. Spazio poi al racconto, anche musicale, di un'esperienza di famiglia dei giorni nostri da parte del gruppo di giovani della Domus, in cui vivono 40 ragazzi e ragazze tra i 16 e i 25 anni. "Abbiamo provenienze e storie diverse, accomunate dall'aver sperimentato la sofferenza -, hanno spiegato le due ventenni -: portati dai nostri genitori in una casa dove non volevamo stare, eravamo arrabbiati, ma abbiamo incontrato una psicologa e un sacerdote che si sono presi cura di noi. Un po' alla volta, partendo dalle piccole cose, come imparare a farsi bene il letto e fare ordine nella propria stanza, abbiamo ritrovato ordine nella nostra vita e scoprendo che ad alcuni piaceva suonare e cantare, abbiamo fondato un gruppo. Attraverso le nostre canzoni raccontiamo la bellezza di quello che stiamo vivendo: Gesù ha un progetto per ognuno di noi e, anche se costa rinunce e fatica, per ogni cosa che ci capita c'è un motivo e allora tutto acquista un altro sapore".
La vita quotidiana della comunità è scandita da orari e impegni – scuola, università, lavoro -, da momenti di preghiera e dall'imparare a mettersi a servizio gli uni degli altri a seconda delle proprie attitudini: "Eravamo tristi, poi siamo riusciti a tirare fuori non solo quello che ci faceva soffrire ma anche i nostri talenti, capendo che i nostri desideri più profondi corrispondono a quelli del Signore".
"Senza discernimento non c'è vita – ha detto l'arcivescovo Lauro nella celebrazione allietata dal coro dei ragazzi rivolta a studenti, famiglie, insegnanti, educatori della comunità salesiana -: è la capacità di guardare la vita in maniera profonda e così capire cosa permette di viverla con gioia e serenità. Giovanni Bosco e il beato Stefano Bellesini, a cui egli si era ispirato, ci dicono che il bene fa bene e agire gratuitamente è il modo per godere davvero la vita e per diventare uomini e donne felici perché liberi, capaci di pensare agli altri, essere loro amici e perdonare. Don Bosco, padre e maestro dei giovani, ha rivelato tratti della paternità di Dio: chiediamo al Signore di aiutarci a imitare l'operosità instancabile nel cercare la salvezza dei fratelli". Martedì 27 febbraio saranno gli universitari a ricordare don Bosco con una Messa e una cena condivisa.
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