Che scriva in cimbro o in italiano, Oxilia conserva intatta la genuinità, la schietta bellezza dell’immagine
La figura singolare di Andrea Oxilia somma in sé particolari esperienze. Questo giovane capitano dei Carabinieri, accanto al suo lavoro professionale accosta benissimo il “mestiere” di poeta insieme alla cura e all’attenzione per la sua terra e la minoranza cimbra. Sono dunque tre itinerari esistenziali che riescono a stare assieme senza dissonanze. Tutto si muove sul filo del fare il proprio dovere insieme al coltivare la memoria e tramandarla. In questo l’uso della parola come strumento di relazione con gli altri risulta imprescindibile. E’ arduo il dovere che deve espletare svolgendo indagini giudiziarie o comunicare qualcosa di delicato (che non si vorrebbe mai comunicare) a familiari e parenti di persone vittime di un accadimento o di un gesto irreparabile. La parola, il suo uso sapiente e rispettoso diventano così importanti – nel tono e nell’uso dei termini, nella delicatezza con cui ci si accosta alle persone, nel garbo dell’approccio – proprio per lenire o condividere dal punto di vista umano quelle che sono sofferenze spesso strazianti che la vita pone innanzi talvolta con brutalità.
Pure nella poesia, Oxilia è un cesellatore. Il suo è un lavoro d’intarsio sulla parola, un lavoro paziente e confidente. In questi anni il poeta ha partecipato a diverse manifestazioni letterarie, a concorsi e reading riscuotendo un crescente successo con segnalazioni e premi. Non si è montato la testa – come capita con qualcuno che al primo refolo di vento alza la cresta e scade poi nel banale e nello scontato -, continua il suo lavoro di ricerca e di scavo interiore, di studio del linguaggio perché nulla vada perduto. E anche nell’uso delle parole, termini, locuzioni a volte va a un corpo a corpo – un agone – il significato prossimo e remoto, il dispiegarsi suo nell’aspetto diacronico dell’uso delle genti dei paesi cimbri, sia sul versante veronese natio come su quello trentino, terra per lui d’adozione ed elezione. Sono sentimenti antichi, un sentire locale che si fa universale, valido per tutti ad ogni latitudine, se solo lo si vuole ascoltare. Un sentimento profondo allora emerge – quel vento antico, quelle antiche voci – un riaffiorare di vite, il loro aspro affrontare la realtà (della guerra, della penuria, delle incomprensioni umane) per far risaltare infine l’unicità della persona umana, la bellezza e l’abbrivio dell’avventura di vivere, come una “scommessa” pascaliana.
Su questo versante occorre dire che il poeta svolge alla grande il proprio compito – come nella sua vita pubblica di tutti i giorni. Non dimentica che proprio cento anni fa un suo prozio, Nino Oxilia, cadde sul fronte della Grande Guerra. Ecco allora emergere l’assurdità dei conflitti, quel cadere anzitempo di giovani vite recise nel fior fiore dei propri anni più belli! Che scriva in cimbro o in italiano conserva intatta la genuinità, la schietta bellezza dell’immagine. La sua è una religione della parola, nel senso letterale di legare, tenere insieme le parole, e con le parole le singole vite; che non siano parole dette e dimenticate (Emily Dickinson: “Per molti quando è detta la parola muore, per me solo allora comincia a vivere”), ma diventino tramite impegnativo di comunicazione e relazione, di affetti ed amore.
Se siamo esseri umani che amano e soffrono, sperano e ancora testardamente amano; persone che si muovono nel turbinio dei giorni che fuggono veloci come lampi, è perché siamo legati dalla relazione altrimenti diventiamo tralci secchi, senza linfa vitale, tagliati e gettati, senza capacità d’amare, la peggior cosa. Che vale infatti – suggerisce la sapienza evangelica – guadagnare anche il mondo intero se poi si perde l’anima? L’amore, dunque, la sola cosa che conta, la sola che rimane – al termine del breve viaggio – forse l’unica che vale accostare con pudore e grazia. Facendola diventare vita concreta, quotidiana, faticosa, certo, la si paga sovente a caro prezzo. E’ questo il messaggio più genuino di questo giovane poeta. “Ho dato poesia agli uomini” scriveva Cesare Pavese nel suo ultimo messaggio; dare poesia è termine di alta generosità! Andrea Oxilia ha davanti a sé un sentiero largo, continui a percorrerlo donandoci i suoi versi. In un mondo che rischia l’aridità e l’atonia, la poesia è necessaria come l’aria.
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