“A lezione di squadra”

Arcivescovile e Artigianelli insieme per un progetto scolastico innovativo. Dal prossimo anno un’offerta coordinata alle superiori

La Chiesa trentina rimette la scuola al centro della pastorale. Ma un’idea nuova di scuola. L’anno 2017/2018 inaugura infatti la stretta sinergia tra Collegio Arcivescovile (nelle sedi di Trento e Rovereto e in tutta la sua vasta gamma di offerta didattica) e Istituto Pavoniano per le Arti Grafiche Artigianelli. Un connubio favorito dalla scelta, nel maggio scorso, del nuovo rettore dell’Arcivescovile nella figura di Bruno Daves, vicedirettore degli Artigianelli. Egli mantiene infatti il legame con la scuola di provenienza, diretta da Eric Gadotti. Ma i due, insieme agli attuali vertici dell’istituzione scolastica diocesana, in particolare il preside Paolo Fedrigotti, sono chiamati ad avviare un unico percorso di innovazione didattica e organizzativa. Idee ed esperienze reciproche, da mettere a frutto per arrivare a costruire un’ampia comunità educante, nella piena valorizzazione delle competenze di docenti e studenti e in una logica inclusiva di ogni soggetto, dove anche la disabilità divenga risorsa e non limite. Un format in parte già sperimentato agli Artigianelli negli ultimi sette anni:  oggi, ad esempio, in piazza Fiera non vi sono più campanelle che segnano la scansione delle ore e nemmeno aule tradizionali con banchi e cattedre, ma tavoli di focus-group dove la teoria spiegata dai docenti è finalizzata alla soluzione di problemi concreti e con il contributo di tutti.

Ci credono i vertici diocesani, in particolare  il vescovo Lauro e il vicario don Saiani,  riuniti martedì 5 settembre all’Arcivescovile con i 250 docenti delle due realtà (200 solo dall’Arci), chiamate ora a collaborare in modo complementare. L’arcivescovo Tisi, rammentando anche i suoi trascorsi di studente ai “Polentoni” ha spiegato agli insegnanti la sua idea di “scuola cattolica davvero evangelica”.  “Non certo – ha argomentato – un modello vecchio e di chiusura. Piuttosto – ha aggiunto – una scuola capace di tradurre la pedagogia di Gesù di Nazareth, valida anche per un non-credente. Significa che le persone vengono prima. E il vero leader è colui che si mette a servizio. Per questo il metodo educativo è fondamentale. E la vera sfida non è dare soluzioni, ma dare ai giovani strumenti per leggere la realtà e poi trovare, insieme, le soluzioni. Senza dimenticare la sfida di una scuola inclusiva, che permetta a tutti di raggiungere la propria eccellenza”.

Dopo la Messa presieduta da don Lauro, gli insegnanti si sono divisi in gruppi di lavoro nei quali hanno raccolto le loro idee di scuola e i modi in cui la Chiesa potrebbe sostenerle. “Diteci le vostre attese,  i vostri bisogni, vogliamo ripartire da lì”, li ha invitati il vicario don Saiani, ricordando anche la curiosa coincidenza di due docenti, marito e moglie, assunti rispettivamente nelle due strutture ora chiamate all’innovativo “matrimonio”. E’ l’esordio di “una scuola più generativa e collaborativa” la definisce Daves, il quale sogna “famiglie che arriveranno qui e potranno sperimentare cosa significa comunità educante con i docenti e tutto il personale. In fondo si tratta di rilanciare oggi l’idea dei nostri fondatori”, ammette alla radio diocesana il nuovo rettore. “Dobbiamo ripartire dallo scollamento che si è creato tra la scuola e la società”, gli fa eco il preside Fedrigotti che intravvede “nella scuola un presidio, anche ecclesiale, per capire il polso della situazione”.

“Dal punto di vista dell’offerta dei percorsi scolastici, il connubio, oltre alla graduale maturazione di una nuova metodologia di lavoro in tutti i percorsi didattici già attivi (dal classico allo scientifico, all’istituto tecnico economico), si tradurrà nella nascita all’Arcivescovile, dall’anno 2018/2019, di un nuovo istituto tecnico per le arti grafiche”, spiega Gadotti. “Ma si tratta – aggiunge – di superare la logica delle discipline, per arrivare a dare agli studenti strumenti di pensiero alti per risolvere, nei rispettivi ambiti, problemi e interagire col mondo”. Un modo semplificato per tradurre nelle aule scolastiche quello che in ambito aziendale si definisce la tecnica del cosiddetto “Design Thinking”: un modello strutturato per identificare una soluzione innovativa e concretizzarla. Per dirla in ecclesialese: provare a fare, davvero, comunità. A cominciare dai banchi di scuola. O forse, semplicemente, dalla scuola. Anche senza banchi.

Piergiorgio Franceschini

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