“L’Unione Europea non è un concetto esterno a noi; ne facciamo parte, come cittadini e con i nostri rappresentanti eletti”. Così ci han ricordato pochi giorni fa gli amici della Fondazione Megalizzi che portano avanti il sogno di Antonio e mettono in guardia dall’essere “europeisti passivi”. Astenersi, non votare sabato e domenica, sarebbe davvero “venir meno ad una responsabilità, lasciare ad altri il potere di agire”. Lo scrive il card. Matteo Zuppi nella lettera “Cara Europa”, inviata insieme a mons. Mariano Crociata, portavoce dei vescovi europei, in vista delle prossime elezioni considerate “un’occasione propizia e irripetibile, da cogliere senza esitazione”.
Per quale motivo? Nella lettera a Bruxelles, sede della nostra prima casa comune, Zuppi e Crociata registrano con dolore il ritorno “impensabile” della guerra nel cuore dell’Europa ed esortano al dovere di “non smarrire il senso dello stare insieme”. “Invece di litigare e ignorarsi, conoscersi e andare d’accordo; invece di alzare barriere e difese, cancellarle e collaborare!”, incalzano i due vescovi che si appellano all’Unione Europea e ai futuri europarlamentari con queste parole: “Che ruolo giochi, Europa, nel mondo? Vogliamo che tu incida e porti la tua volontà di pace, gli strumenti della tua diplomazia, i tuoi valori. Risveglia la tua forza così da far sentire la tua voce, così da stabilire nuovi equilibri e relazioni internazionali. Le tue divisioni interne non ti permettono di assumere quel ruolo che dalla tua statura storica e culturale ci si aspetterebbe. Non vedi il rischio che le tue contrapposizioni intestine indeboliscano non solo il tuo peso internazionale ma anche la capacità di far fronte alle attese dei tuoi popoli?”.
In queste settimane pure il nostro settimanale ha cercato con pagine monografiche di evidenziare la decisiva posta in gioco e di sgretolare gli atteggiamenti euroscettici che fanno il gioco di quelle ambizioni nazionaliste, agitate con slogan populisti: l’esatto contrario di quella ricerca di riconciliazione fra i popoli e di cancellazione delle vendette avviata dai cattolici fondatori, Robert Schuman, Konrad Adenauer e il “nostro” Alcide De Gasperi.
Quasi a riecheggiare la lettera dei vescovi Zuppi e Crociata, in questa settimana abbiamo ricevuto proprio da Bruxelles due messaggi da altrettanti amici, laici impegnati. “Il nuovo Parlamento europeo – scrive Gianni, collega corrispondente dalle istituzioni europee – sarà certamente chiamato ad affrontare sfide da ‘cambiamento d’epoca’: sviluppo sostenibile, mutamento climatico, invecchiamento della popolazione e denatalità, migrazioni, sicurezza, diritti sociali, rivoluzione digitale…“, osserva sottolineando la necessità di mandare a Strasburgo e a Bruxelles rappresentanti che abbiano a cuore un’Europa più unita, coesa, efficace nel rispondere ai bisogni e alle attese dei cittadini: “Serviranno eurodeputati motivati da valori alti, competenti, capaci di dialogo, perché la politica in sede europea è fatta di convergenze, di equilibri dinamici, di punti d’incontro che mirino al bene comune europeo. Un bene comune che sappia inoltre tener conto della scena internazionale. Nazionalismi e populismi viaggiano invece in direzione contraria”.
L’altra “lettera da Bruxelles” viaggia sul cellulare di Giuseppe, un altro amico che lavora nella sezione giuridica delle istituzioni europee: “L’Europa che vedo io qui a Bruxelles, l’unica Europa che può continuare a crescere nella pace e nel bene comune, è quella che c’è negli occhi e nelle mani dei giovani. I loro occhi possono vedere ancora più lontano delle nostre generazioni che l’hanno fondata e cresciuta. Loro guardano veramente oltre i confini e non considerano nemmeno l’ipotesi di tornare al passato. Ma per garantire ciò, bisogna ‘far andare le mani’. Le loro mani hanno il potere di condurre (o ricondurre) l’Europa verso una direzione più giusta e più solidale”. Conclude Giuseppe: “Le nostre mani devono aprirsi per dare loro spazio. Forse questo dobbiamo far capire veramente, ad adulti e giovani, che una semplice matita tra le dita ha questo potere. Dobbiamo ritrovare quell’entusiasmo che nelle nostre generazioni è andato scemando, può e deve essere ravvivato grazie ad una nuova generazione che conosce il valore dell’abitare un’Europa comune, ma che non lo deve dare per scontato. Cerchiamo allora e scegliamo in quelle liste chi crede nel futuro e non chi si rifugia nel passato”.
Sabato 8 e domenica 9 giugno esercitiamo dunque il nostro potere, con la responsabilità di chi è consapevole che, tanto più in questa fase difficile, va ricercato il bene comune che sempre il bene dei più deboli, dentro e fuori l’Europa.
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