Ascolto al mattino “Prima pagina”: è la mia fonte di informazione, insieme al serale “Otto e mezzo”. Da giorni, nella campagna elettorale, sento più promesse che programmi; promesse peraltro – e la stampa lo mette in evidenza – promesse di iniziative senza copertura finanziaria e quindi fasulle: diminuzioni di tasse, lavoro per i giovani, bonus e incentivi vari… Ovviamente nessun partito in campagna elettorale ha mai fatto e fa il profeta di sventure; tutti si dichiarano sempre per la giustizia sociale e il progresso. Si pretenderebbe però un po’ di relismo e di sincerità. Di fatto diminuisce l’uguaglianza e la fraternità, per non parlare della diminuzione della libertà con il crescere della povertà.
Nella competizione elettorale, aumentano le fake-news in circolazione. La mancanza di verità nella comunicazione – moltiplicata nel web – mi ha portato a pensare che attualmente il comandamento più bistrattato sia l'ottavo: il comandamento della verità nel parlare e nel trattare affari.
Tutto ciò ha portato molti a pensare: “Non c’è niente da fare…” E così aumentano le intenzioni di non–voto. Molti parlano di deficit di comunicazione tra eletti ed elettori, anzi di mancanza di delega. Qualche rara voce avverte un vuoto di previsioni per il futuro, osserva che si pensa poco, che si guarda solo all'interesse immediato e privato, che mancano profeti, non solo in politica.
Qualche pensatore parla di diminuzione di democrazia, non solo all’interno dei partiti. La storia dell’ultimo Parlamento non è stata edificante: cambi di squadra, arbitri comprati, partite sospese, partite perse….
Anche la nuova legge elettorale sembra favorire più gli eletti che gli elettori; e sembra aver ridotto la libertà di voto. Il nuovo sistema doveva portare a una migliore governabilità del paese, a una maggior efficienza del Parlamento. Ne dubito.
Già la complessità del testo e dei meccanismi per la formazione delle liste e perfino delle schede elettorali mi hanno reso diffidente e sospettoso di imbroglio, anzi… di broglio. Se ho capito bene per vincere la corsa, i cavalli debbono correre trainando una biga o magari una quadriga – ho sentito pure parlare di una quarta ruota -. Gli esperti in scommesse mi dicono su quali cavalli puntare; i cavalli penseranno poi loro quale carro tirare avanti e quale direzione prendere. Mi dicono tra l’altro che ormai non c’è più differenza tra la direzione destra e quella sinistra. Del resto il centro non l’ha mai saputa: “L’è tut istess; i è tutti istessi…”
Già in passato mi è capitato di astenermi dal voto perché non me la sentivo – nemmeno turandomi il naso, nemmeno ricorrendo al male minore – di votare il candidato unico che aveva dichiarato in anticipo che sarebbe salito sul carro vincente.
A questo punto, non sapendo sul quale cavallo puntare il 4 marzo, di alternative me ne rimangono due: o mi asterrò dal voto o prenderò in considerazione solo quel partito, quel candidato che si sarà presentato con un programma valido, il più possibile concreto e realizzabile.
Credo che molti la pensino come me. Prevedo che a votare sarà una minoranza, che crescerà la percentuale delle astensioni; che perderanno e molto i partiti delle alleanze; che sarà difficile l’accordo tra gli eletti. Temo che diminuirà la preoccupazione per il bene comune…
Con questo non voglio essere disfattista. La democrazia è ancora viva da noi: il segno più grande ne è la pace durata 70 anni, come ha detto Mattarella il 31 dicembre. Per me il segno più grande di eguaglianza è la sanità per tutti, una realtà che ancora non esiste nella democrazia americana. (per spiegarmi con un esempio personale: sono stato curato per tre anni in sanatorio, senza alcuna spesa da parte della mia numerosa famiglia, con un padre operaio, pure lui curato un anno per la stessa malattia).
E allora vorrei fare una proposta al settimanale diocesano per migliorare la democrazia che credo debba vivere di quelle tre parole magiche libertà, uguaglianza fraternità: che Vita Trentina nelle prossime settimane si faccia strumento di raccolta di proposte programmatiche dal basso, sia sia da parte di quelli che intendono votare sia di quelli che sono stufi di votare. Cominciando, per esempio, dal mettere in evidenza i problemi più gravi e urgenti del nostro vivere insieme (non sono certo i sacchetti della verdura e nemmeno gli orsi…), e dal fare proposte positive e concrete in ordine ai tre valori della rivoluzione francese. E, per essere più concreti, sostituire la dimensione destra/sinistra, ormai usurata e insignificante, con quella alto/basso, ovvero che parta dalla considerazione dei disequilibri di vario tipo in un Paese democratico che dovrebbe offrire pari opportunità a tutti i cittadini.
Remo Vanzetta
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