A distanza di 45 anni dal primo capitolo della saga “Mad Max” (“Interceptor”, 1979) e quasi a dieci dal suo rilancio con “Fury Road” (2015), il regista, sceneggiatore e produttore australiano George Miller si presenta in sala con una nuova, sfidante, avventura (la quinta): “Furiosa: A Mad Max Saga”, una seducente distopia visiva, dall’anima fracassona, che accosta suggestioni disturbanti di matrice sociale a una ferocia a briglia sciolta.
Al centro della scena non c’è più Max Rockatansky (Mel Gibson, Tom Hardy), l’ex poliziotto guerriero della strada, ma la giovane Furiosa, in un cammino di “formazione” giocato tra sopravvivenza e grammatica della violenza, ai danni della sua dimensione valoriale e morale. Una “Odissea” che fa perno sulla vendetta. Targato Warner Bros., diretto e scritto da Miller (il copione è firmato anche da Nico Lathouris), il film ha come protagonisti Anya Taylor-Joy e Chris Hemsworth. E se il racconto è un road movie disperante e vorticoso, a colpire ancora una volta è l’orizzonte visivo, lo scenario di un deserto post-apocalittico dai colori giocati tra il Pianeta Rosso e il mondo fantastico di Arrakis, scenario in cui la dimensione antropologica è settata sulla frequenza “Homo homini lupus”.George Miller ha disegnato il suo “Furiosa. A Mad Max Saga” come un viaggio allegorico nelle terre del male e della ferocia della giovane protagonista Furiosa, ritratta dai 10 ai 26 anni. Un cammino di “salvezza” capovolto, direzionato nel buco nero dell’odio e della vendetta a ogni costo.
Furiosa fa esperienza del degrado e trova un modo per sopravvivere, ancorando tutto al desiderio di vendetta e al contempo di poter rivedere, almeno una volta, la sua casa.
In questo andirivieni per le Terre Desolate, a colpi di inseguimenti epici in chiave western futuristico, a conquistare non è tanto il viaggio dell’eroina, l’impianto narrativo, quanto la dimensione estetica. Cuore del film non risiede nell’azione, ma nella veste visiva. C’è un potente e inquietante uso del deserto in chiave metaforica, come spazio post-apocalittico simbolo di una società deragliata, misera e allo sbando, senza più tracce di “Grazia”; e ancora, un deserto dell’anima, dove non ci sono più oasi di umanità e di moralità. Un mondo condannato irreparabilmente all’infelicità.
George Miller inquieta, disturba e sfida con il suo film “Furiosa. A Mad Max Saga”, perché ci lancia una provocazione allegorica che trova punti di contatto con le nostre paure, l’incubo di un domani non troppo lontano dove regole e schemi sociali possono saltare per poche risorse naturali, dando libero campo a una violenza senza ritorno. Un film di genere, per appassionati e palati forti, capaci di governare una violenza insistita e metafore nere di un’umanità senza più speranza. Complesso, problematico, per dibattiti.
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