È la famiglia la vera risposta alla crescita sociale, in Occidente come ovunque. Lo ha detto al Festival dell’Economia di Trento James Hackerman, Premio Nobel per l’economia nel 2010, presentando la sua ricerca condotta sulle società di Danimarca e Usa: “I nostri governi, per consentire la mobilità sociale e il successo delle nuove generazioni, devono investire nelle famiglie e in tutto ciò che ad esse si correla. La mia ricerca ha reso chiaro come, pur in due società così diverse per welfare, ad incidere sui risultati sono, più che l’istruzione (tema oggi centrale in America), fattori come la scelta del quartiere in cui vivere e l’esposizione al ‘buon esempio’ familiare”.
Da un lato gli Stati Uniti, terra di diseguaglianze sociali, dall’altro la Danimarca, paladina del welfare, dell’equità, delle pari opportunità, della coesione sociale. Parte da qui la ricerca condotta da Hackerman (con il supporto di Rasmus Landersø): come possono due basi così differenti produrre risultati tanto simili, quando si va ad osservare la mobilità sociale intergenerazionale? Che la chiave di lettura non stia nell’investire su sanità, istruzione e benessere generale? Per il Premio Nobel è proprio così: perché i figli possano fare una “scalata sociale” rispetto ai genitori, bisogna cominciare a valutare fattori differenti.
“Studiando i dati disponibili, abbiamo compreso come centralissima sia, ad esempio, la scelta del luogo in cui si sceglie di vivere – ha spiegato. Crediamo spesso che l’istruzione sia fondamentale per il successo, al punto che in Danimarca si sono fatti esperimenti spostando i bambini più poveri in scuole elitarie, al fine di consentire loro un’istruzione più alta. Tuttavia i risultati non sono stati buoni. Così come buoni non sono in America, quando si tenta lo stesso principio con borse di studio, ecc. Il motivo? È che non c’è accettazione da parte di un gruppo dell’altro”. Più che la scuola, allora, conta il quartiere, la zona, il posto in cui si abita, si vive, si convive, si coesiste e interagisce: “Le competenze non vengono prodotte solo nella scuola, grazie all’istruzione formale, ma dobbiamo tenere conto anche dei rapporti tra coetanei e tra vicini, nonché interni alla famiglia. Fondamentale, allora, è la scelta del dove stare. Una scelta che per forza di cose è fatta dai genitori. E più è tardiva l’esposizione ad un buon quartiere, ad un buon luogo – abbiamo visto – peggiori saranno i risultati nella vita dell’individuo, più bassi saranno i valori di partecipazione alla vita sociale”.
Un quadro apparentemente sconfortante, per i sostenitori del welfare, ma che in realtà non lo è. Bastano alcuni accorgimenti e ridirezionamenti: “Le politiche in favore del capitale umano devono fondarsi su fiscalità incentivante – ha concluso Hackerman. Se i sussidi distribuiti a profusione possono produrre effetti paradossali come lo scoraggiamento della partecipazione attiva al mondo del lavoro, investire sulle famiglie può avere solo effetti positivi: incoraggiamo le famiglie, con politiche e programmi ad hoc. Aiutiamo le famiglie, affinché siano loro poi ad aiutare i figli”.
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