Da ricca che era

L'avvincente vicenda umana di Duccia Calderari che ha attraversato il secolo scorso: studentessa, partigiana, volontaria dentro il Movimento dei Focolari

Per Chiara Lubich e per i focolarini di tutto il mondo il nome di Duccia Calderari è stato a lungo legato ad un numero di scarpe, il 42. Si ritrova, infatti, nell'episodio spesso raccontato fra i “fioretti” di carità delle prime “pope” sotto le bombe nella Trento del 1944.

Chiara aveva da poco rivolto al Signore particolare richiesta (“Dammi un paio di scarpe n.42 per Te, in quel povero”) quando, uscendo dalla chiesa del monastero delle clarisse a Trento, aveva incontrato l'amica Duccia che le aveva portato un paio di scarpe quasi nuove, della stessa misura, ricevute poco prima in dono da uno zio: “Dio si è servito di me come strumento per esaudire la preghiera di Chiara”. Un fatto semplice, comte tanti ne accadono ogni giorno, da interpretare secondo la logica del dono: “mossi i cuori, si muovono anhe le cose”.

Ed un cuore vivace fin da ragazza, “mosso” dalle vicende buie di due guerre mondiali e poi dall'Ideale luminoso dell'unità, è stato quello della figlia del banchiere Giovanni Calderari. Classe 1911, è stata figlia del suo tempo, tanto da sembrare quasi ottocentesca per le sue origine in un'aristocrazia cittadina, amante dell'arte e della poesia; fu ben presto proiettata nel confronto tumultuoso con la dittatura fascisa e con la seconda guerra mondiale. Fece la resistenza, Duccia Calderari, collaborando anche di nascosto alle imprese di Pasi, Manci e dello stesso medico Gino Lubich nel rischioso ruolo di staffetta partigiana. Un'adesione non ideologica, quella di Duccia, radicata nel dovere di rispetto della dignità umana, soprattutto quella più sofferente. Un atteggiamento di solidarietà e d'impegno coraggioso come “volontaria” per la libertà, che si è poi sviluppato con coerenza dopo la conoscenza dei primi focolarini (il giornalista e padre costituente Igino Giordani, ispiratore del dialogo ecumenico) ed il rapporto spirituale di fiducia con la stessa Chiara Lubich che la portò a vivere in modo libero e radicale l'Ideale della fraternità: “Non mettere, Duccia, alcun freno e con quella generosità che fiorisce spontanea da te mettiti a disposizione dei Disegni di Dio”.

Una parabola unica e coerente, che portò Duccia a rendere più volte testimonianza del farsi Buon Samaritano, anche da anziana: in una delle ultime interviste per Vita Trentina, raccolte nella villa di famiglia di via Saluga e poi donata al Movimento, ricordiamo il suo piglio grintoso, addolcito da uno sguardo sempre via via sempre più amorevole.

E’ efficace “L’altro Novecento”, il titolo della fresca biografia scritta per Città Nuova da Ilaria Pedrini, insegnante trentina che ha già ben raccontato anche la vita di un’altra focolarina, Marilen Holzhauser. E’ stato apprezzato dal direttore del Museo Storico Giuseppe Ferrandi, perchè “Duccia è stata protagonisa di un Novecento di speranza in cui molti come lei hanno seminato anche negli anni bui dei germogli poi fioriti”. Nella prefazione lo storico Vincenzo Calì parla di Duccia come di “una donna dalla grande statura morale e dalla salda fede democratica, esempio per le nuove generazioni di come la banalità del male può essere sconfitta”. La sua visione ispirata ante litteram dall’idea di bene comune è stata sottolineata lunedì scorso nella presentazione da Lucia Fronza Crepaz, che ha illustrato la sua empatica ricerca sull’epopea dei minatori italiani in Belgio per la tesi di laurea discussa presso la Scuola Superiore di Servizio Sociale. Ne hanno parlato anche Paolo Cavagnoli, Franco Giovannini e l’attuale presidente della Scuola, Piergiorgio Reggio, osservando come il tipo di produzione mineraria in Belgio andava a cozzare contro le esigenze dei lavoratori: anche in questo Duccia Calderari seppe leggere i segni dei tempi.

Sopravvissuta di un anno a Chiara Lubich (che è morta proprio il 14 marzo di otto anni fa), Duccia ne ha visto proseguire la scia di bene. Ora sarebbe lieta di poter leggere questo libro e sfogliare le pagine del blog in cui Ilaria Pedrini ha avviato la raccolta di questa singolare testimone di un'epoca e di un'avventura evangelica.

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