“La fisica dell’amore”, quando la tv pesca dal web

Il prof. Vincenzo Schettini

Da tempo i social sono diventati una prateria sterminata di contenuti promossi da professionisti di varie categorie lavorative: dall’avvocato al dottore, dal fruttivendolo all’insegnante. Molti di questi profili sono un punto di riferimento per chi cerca consigli, idee, confronto. È il caso del professor Vincenzo Schettini, insegnante di fisica divenuto celebre per gli estratti delle sue lezioni nelle quali spiega con molta chiarezza e attraverso i più classici esperimenti, concetti elementari di fisica. Ad oggi la sua pagina (@lafisicachecipiace) conta più di due milioni di follower, ed era inevitabile che qualcuno ai piani alti della piramide della comunicazione si interessasse a lui. Da poco dunque gli è stata affidata addirittura la conduzione di un programma televisivo su RaiDue, dal titolo “La fisica dell’amore”, dove in sostanza propone quanto già veicolato sui suoi canali, unito a interviste a personaggi di spicco soprattutto del mondo giovanile e a riflessioni motivazionali. Il successo è stato di quelli importanti: nonostante la seconda serata (va in onda il martedì alle 23.30), la trasmissione ha registrato un record di ascolti, a cui si sono levate anche alcune critiche, relative in particolare all’accento barese del professore e al suo modo forse ancora poco televisivo (qualcuno ha detto “gesticola troppo”).

Al netto dei commenti tuttavia, è da osservare attentamente il fenomeno: ci troviamo di fronte a un caso interessante dove la televisione, in evidente carenza di contenuti, pesca dal web content creator di successo per costruirci attorno qualcosa di valore e farsi cassa di risonanza, guadagnando nuove fasce di spettatori. D’altronde abbiamo estremo bisogno, nel panorama televisivo, di facce nuove e interessanti che provino a risollevare quel servizio pubblico oggi al centro di continue polemiche. Il problema, se vogliamo trovarlo, è che nel passaggio tra web e piccolo schermo è necessario un adeguamento del linguaggio, dei tempi e dei modi. Impensabile credere che ciò che funziona sui social possa valere per la televisione: il percorso deve prevedere tappe intermedie, come semplicemente l’imparare a gestire i tempi televisivi, la prossemica, il linguaggio. Sono media scivolosi, dove la facilità di finire nell’oblio è inversamente proporzionale alla difficoltà di costruire il successo.

Assistiamo dunque anche all’evoluzione di questo nuovo modello televisivo, nella speranza che si offra un’alternativa alla divulgazione in stile Piero e Alberto Angela, e che anche il contenuto scientifico possa trovare nuovo ossigeno col volto di Schettini.
Silvia Albrizio

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