“Nelle Scienze i dogmi non esistono. Se esistessero il credo centrale della Biologia moderna sarebbe l’esistenza dei processi evolutivi, poiché la comprensione del fenomeno della vita – dalla più minuscola delle cellule fino all’intera biosfera – trova il proprio senso solamente nell’evoluzione. Eppure c’è ancora chi testardamente si rifiuta di accettare questa ovvietà. Il rifiuto non si basa su motivi razionali bensì ideologici: l’evoluzionismo viene ancora visto come una mortale insidia per una visione religiosa e morale del mondo. Per i suoi detrattori questa teoria scientifica sarebbe dunque una sorta di vaso di Pandora dal quale deriverebbero gran parte dei mali che affliggono il mondo attuale: dall’ateismo al nichilismo, dal razzismo all’eutanasia, dal capitalismo selvaggio al classismo. Fino a qualche decennio addietro queste apparivano le posizioni di minoritarie sette fondamentaliste. Numerosi episodi recenti dimostrano invece che le visioni anti-evoluzionistiche (e in ultima analisi anti-scientifiche) rimangono purtroppo attuali, e non solo in qualche isolato circolo di fanatici religiosi. Gli esempi non mancano”.
Non si può definire certo una visione ottimistica della cultura contemporanea quella che Michele Caldonazzi, naturalista trentino co-fondatore di un’agenzia di professionisti ambientali, espone nel suo primo libro appena giunto in libreria per i tipi dell’Effigie di Cremona.
Se l’Autore nella prefazione indica con chiarezza alcuni esempi – compreso un discorso del card. Bagnasco – è anche vero che già nel 1937 il grande genetista russo Theodosius Dobzhansky nella sua opera considerata una pietra miliare della scienza del Novecento, Genetics and Origin of Species, affermava dagli Stati Uniti che “nulla si può affermare in biologia se non alla luce dell’evoluzione” (che sarà poi il titolo dell’ultimo suo lavoro del 1973). E questo si è dimostrato sempre più vero nella seconda parte del Novecento con l’avvento della biologia molecolare e le biotecnologie per non parlare dell’attività quotidiana di quanti oggi lavorano con organismi-modello all’interno dei laboratori impegnati nella ricerca per la cura di patologie come Alzheimer o Parkinson o per prevenire l’insorgere di tumori.
Ma non per tutti è così e su questa convinzione Caldonazzi si è messo all’opera per proporre quello che definisce “una sorta di diario di bordo” del suo personale viaggio nella storia della biologia dell’evoluzione.
Non quindi un testo sistematico per addetti ai lavori (che chiederebbero indicazioni bibliografiche e riferimenti alla didattica negli atenei), ma un racconto di storia della scienza che siamo certi sarebbe stato apprezzato da due studiosi trentini che tanto l’hanno coltivata: mons. Mario Ferrari, docente in Seminario e all’Arcivescovile, e Gino Tomasi, direttore del Museo Tridentino di Scienze Naturali.
“All’alba di una idea” per ricostruire allora dispute passate e per accrescere la voglia di approfondire le moderne ricerche della biologia, dall’epigenetica alla bioinformatica, dalla proteomica alla neurobiologia che ci spalancano un mondo per i più ancora inesplorato.
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