Evoluzioni auspicabili, valenza economica delle competenze linguistiche, lingue straniere nel Trentino di domani, attraverso un confronto sul Piano Trentino Trilingue
Si è tornati a parlare di trilinguismo venerdì 30 ottobre, nella Sala della Federazione delle Cooperative, in occasione del seminario “Le risorse immateriali per il futuro del Trentino. Il caso delle competenze linguistiche”. L’iniziativa promossa da Iprase in collaborazione con il Dipartimento della Conoscenza della Provincia autonoma di Trento e Ocse/Leed Trento, è servita per riflettere sulla spinta alla massiccia promozione linguistica, voluta dal Piano straordinario di legislatura “Trentino trilingue”.
Gli interventi, tra gli altri, del professor Jean-Claude Beacco, consulente della Provincia nonché docente dell'università Sorbonne Nouvelle di Parigi, della dottoressa Barbara Ischinger, dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, del professor Michele Gazzola, docente presso l'Humbolt-Universität di Berlino, hanno dato all'iniziativa una cornice internazionale nella quale confrontarsi sia sugli aspetti positivi, ma anche sulle criticità che porta con sé questo Piano, in un’ottica di quelle che saranno le prospettive future.
“In Trentino c'è una lunga tradizione di insegnamento delle lingue”, ha ricordato Luciano Covi, direttore di Iprase, con una carrellata storica, dalla prima scuola bilingue a Rovereto, nel 1774, ad oggi. È in continuità ideale con questa esperienza che si colloca il Piano per il trilinguismo, all'interno di una comunità, quella trentina, che segnale un “sentito bisogno di lingue”: sono 20.000, infatti, le persone adulte che hanno usufruito fino ad ora dei voucher linguistici del Fondo sociale europeo, gestiti dalla Provincia, “a dimostrazione della consapevolezza diffusa che le competenze linguistiche, in un territorio a forte vocazione turistica, possono risultare strategiche per tutta la comunità”. Lecite a questo punto alcune domande relative alle auspicabili evoluzioni del Piano Trentino Trilingue, alle quali ha risposto il professor Jean-Claude Beacco, docente dell'università Sorbonne Nouvelle di Parigi, presentando il profilo delle politiche linguistiche della scuola della Provincia, che ha redatto per l'amministrazione provinciale, in qualità di consulente. Tre sono gli assi, come li ha definiti il professore, sui quali si fonda il Piano. La mobilità degli studenti e degli insegnanti come occasione “per mettere in contatto diretto con l'alterità culturale e con l'alterità linguistica. La lingua cessa di essere oggetto di una disciplina scolastica per diventare il prodotto della facoltà del linguaggio”. A questa va aggiunto lo sviluppo dei contatti con le lingue straniere fin dalla prima infanzia, “inteso come esposizione alla diversità culturale e linguistica del loro ambiente di vita”, senza però la pretesa che l'insegnamento precoce porti ad una padronanza effettiva della lingua. Il terzo asse sul quale il consulente per la Provincia definisce il profilo delle politiche linguistiche della scuola, alla base del Piano Trentino Trilingue, è l'inserimento nel curricolo scolastico, uscendo così dalla sperimentazione, dell'apprendimento integrato disciplina e lingua, che comunemente viene chiamato Clil. “Il plurilinguismo – ha concluso il professor Beacco – è l'asse portante dell'integrazione e dunque l'apprendimento di una lingua è un'esperienza dell'alterità, che deve essere messa al servizio della convivenza democratica”.
Il confronto attorno al Piano varato dalla giunta provinciale andrà avanti ancora. Scintille e discussioni ne ha generate fin dalla sua pubblicazione, non solo nella scuola, ma anche tra i genitori e tra gli studenti. Ha però posto al centro dell'attenzione il tema dell'educazione, partendo delle lingue. E ha messo in campo risorse significative per la formazione.
Ora la partita si gioca tutta sulla tempistica con la quale negoziare gli obiettivi intermedi: e non possono essere i tempi della politica.
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