L’economia è cura

“Cos'altro dovrebbe essere l'economia se non l'attenzione al nostro bene-stare all'interno del fragile e limitato ambiente vitale che è il mondo?”

Disfare l'economia, come Penelope disfaceva la tela per ritesserla ogni giorno. Ina Praetorius, teologa di fede evangelica, nata in Germania ma residente in Svizzera, docente di etica all'Università di Friburgo, intreccia lo studio della Bibbia con la politica delle donne e dei movimenti, per proporre una visione diversa, non androcentrica, dei fenomeni economici e sociali.

Considerata una delle maggiori rappresentanti del femminismo teologico militante e “radicale”, in Italia si è fatta apprezzare per interventi sulla rivista Concilium e su numerose altre testate. Dei suoi libri sono stati tradotti in italiano Penelope a Davos. Idee femministe per un’economia globale (Quaderni di Via Dogana, Milano 2011) e L’economia è cura. La riscoperta dell’ovvio (Iod Edizioni, Casalnuovo di Napoli 2016). A partire da questo testo è intervenuta mercoledì 31 maggio sera alla Sala della Fondazione Caritro a Rovereto, dove è stata invitata dall'Osservatorio Cara Città, associazione formata da donne unite dal desiderio comune di promuovere la cultura delle donne, e dal Gruppo Thea. L'abbiamo intervistata.

Quali sono gli aspetti più negativi dell’attuale sistema economico, che lei afferma debba essere rivisto e rivoluzionato?

Ci raccontano sempre che il mercato si riaggiusterà. Ma non si riaggiusta: i possessori di denaro hanno sempre più soldi e coloro che mancano di denaro certo non sono necessariamente gli infelici, ma spesso vivono in condizioni precarie. Si è trasformato il denaro in uno strumento di vita ("un genere alimentare") senza il quale nessuno può più esistere. Nello stesso tempo la natura umana e quella non umana (ambiente naturale) sono, per parte loro, coinvolte in uno sfrenato processo di distruzione. Tutto questo si tiene insieme in una relazione vicendevole di causa-effetto…

Cosa significa il suo slogan: l’economia è cura?

Cos'altro dovrebbe essere l'economia se non l'attenzione al nostro bene-stare all'interno del fragile e limitato ambiente vitale che è il mondo? In tutti i libri di testo degli studi economici nella prima pagina sta scritto che l'economia sarebbe "l'insegnamento relativo alla soddisfazione dei bisogni umani". Ma già dalla seconda pagina si parla solo di denaro, mercato e stato. D'altro canto noi oggi sappiamo che più della metà di tutti i bisogni umani sono soddisfatti da lavoro non retribuito, svolto soprattutto all'interno dell'ambiente domestico, che – stando alle definizioni fondamentali – è considerato "pre-economico". Domanda-test: lei da bambino sarebbe sopravvissuto se sua madre avesse agito solo per denaro? "Economia è cura" significa che l'economia, dopo la digressione nel liberismo e nel neoliberismo, oggi ritorna al nocciolo duro del suo originario significato. Cioè alla riflessione su quello di cui hanno bisogno per vivere i circa sette miliardi di cittadini e cittadine della terra. Ogni azione economica deve lasciarsi misurare con questo criterio; questo è ciò che io chiamo “cura”.

Ma il lavoro di cura – quello della casalinga, quello della figlia che assiste il padre anziano – sfugge a criteri quantitativi, misurabili… Come poterlo valorizzare socialmente?

Ciò che praticamente faremo, appena avremo compreso che l'economia è molto più che "comprare e vendere", lo vedremo. Adesso il primo passo è che gli economi e le manager facciano chiarezza sul fatto che si sono allontanati dalle definizioni che loro stessi avevano dato e che devono tornare ad intendere se stessi/e come maestri e maestre della soddisfazione dei bisogni. Io personalmente sono una sostenitrice del salario di base incondizionato (reddito di cittadinanza), promosso dal 2012 al 2016 dal comitato noto come "Iniziativa popolare svizzera per il salario di base incondizionato" (vedi: https://www.admin.ch/ch/i/pore/vi/vis423.html). Nel giugno scorso abbiamo ottenuto almeno il 23% di consensi dei cittadini e delle cittadine su questa iniziativa popolare. Ma non abbiamo ancora vinto. E del resto ci sono anche altri modelli possibili: ad esempio, riconoscere il lavoro di cura individualizzato non retribuito.

Quali azioni già in atto rispondono alla sua visione ideale dell’economia?

In dicembre noi abbiamo fondato in San Gallo l'associazione "Economia è cura" (per informazioni: https://wirtschaft-ist-care.org). L'associazione indaga esattamente cosa si sia ricercato e come si sia svolta la ricerca negli studi disciplinari specialistici svizzeri in relazione al lavoro non retribuito. I risultati saranno resi noti nell'ottobre del 2017. Inoltre il 6 maggio 2017 abbiamo aperto il settimo sinodo delle donne svizzere sul tema "Economia è cura" e il processo sinodale proseguirà fino al 2020 (vedi https://www.kath.ch/newsd/kirchenfrauen-fordern-care-wirtschaft-auftakt-zur-frauensynode-2020/). Al momento ci concentriamo sulla formazione della consapevolezza, sul lavoro con i media e sulla creazione di una rete internazionale.

Cosa si aspetta dal Festival dell’economia di Trento?

Purtroppo non conosco bene l'italiano. In ogni caso mi guarderò in giro e cercherò di capire qualcosa. Ho già visitato alcuni di questi festival cittadini in Italia e li trovo fantastici!

(a cura di – traduzione dal tedesco di Paola Morini)

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