Qualcuno l'ha definito quasi un «Nuovissimo Testamento» per via di quella incisiva e sempre attuale esplorazione dell’assoluto dal “deserto, luogo dell’anima”: di fatto a più di 70 anni dalla sua pubblicazione «Il Piccolo Principe», la “fiaba” di Antoine de Saint-Exupéry (uscito in libreria a New York il 6 aprile 1943 e dedicato all'amico ebreo e comunista Léon Werth) costituisce ancora oggi un’opera letteraria di straordinaria presa ad ogni livello, senza distinzione di età (compresi i delicati disegni dell'autore stesso) tanto che risulta uno dei libri più stampati, come la Bibbia, appunto.

Di qui l'idea, davvero originale, di Enzo Romeo, caporedattore esteri e vaticanista del TG2: perché non accostarne il testo ai versetti della Bibbia? Un’impresa inedita, ma che rende il testo degno di una lettura attenta e meditata, anche in vista di un utilizzo a livello catechistico o pastorale più ampio.

L'idea in sé, come rivela l'Autore, nasce dalle parole di Saint-Exupéry che all'età di 17 anni scriveva alla mamma: “Ho appena letto un po' di Bibbia: che meraviglia, che semplicità potente di stile e spesso che poesia… c'è tutto in questo libro…”. E, più tardi, alle soglie della Seconda Guerra Mondiale scriverà: “Siamo, senza saperlo, alla ricerca d'un evangelo che sormonti i nostri evangeli provvisori. Essi fanno scorrere troppo il sangue degli uomini. Siamo in marcia verso un Sinai tempestoso”.

“Tutti noi, come Saint-Exupéry, ci poniamo ogni tanto domande sul dove, sul come, sul quando e sul perché della nostra esistenza”, scrive Romeo immaginando il suo lettore come uno dei tanti “cercatori” di un senso della vita e, in fin dei conti, di Dio. E il Piccolo Principe, giunto sul nostro pianeta dall’asteroide B612, rappresenta con i suoi racconti, esattamente come la Bibbia, la rivelazione di Dio, perché tutto è finalmente chiaro, anche “l’invisibile essenziale”, perché dalla prima all’ultima pagina “tutto è illuminato dall’Amore”.