Ezra Pound rilegge Dante

Spesso succede che ad amare i grandi poeti e scrittori siano più gli stranieri che i connazionali o i concittadini. Possiamo senz'altro dirlo nel caso di Ezra Pound (Hailey, 1885 – Venezia, 1972), il grande poeta e studioso americano che visse per molti anni in Italia e che fu una delle voci più significative della poesia del Novecento. In particolare, il poeta visse alcuni anni a Tirolo, dove oggi vive sua figlia Mary de Rachewiltz, e conobbe bene Trento: la città gli conferì la cittadinanza onoraria nel 1959.

Fin da giovane Pound si innamorò della poesia di Dante Alighieri (di cui ricorre quest'anno il 750° della nascita), al punto da intitolare il suo primo volume di versi, pubblicato a sue spese a Venezia nel 1908, a ventitré anni, con una citazione dantesca: A lume spento. Dante sarà per lui, da allora in poi, un modello e maestro di scrittura, sia nelle poesie degli anni dieci, sia nei Cantos, opera monumentale in cui Pound tentò una complessa riscrittura in chiave moderna della Commedia dantesca.

Oggi Marsilio ripubblica una serie di saggi poundiani (col titolo Dante, pagg. 208, euro 20,00) che trattano sia dell'autore della Divina Commedia sia della letteratura del suo tempo, in particolare di Cavalcanti, poeta considerato dallo studioso tra i maggiori del Medioevo. C'è in questo sguardo appassionato che Pound rivolge al Medioevo una nostalgia per i tempi passati, in cui l'ingordigia del capitalismo era assai minore rispetto al XX secolo e ad oggi e in cui la spiritualità e la morale avevano un ruolo molto più forte.

Dante fu per Pound un poeta che “porta il suo amor di bellezza con sé nell'inferno stesso, ed allevia il buio di quel canto volgendosi al passato”; “il suo viaggio diviene simbolo della lotta dell'umanità nell'ascesa fuor dall'ignoranza su verso la chiara luce della filosofia”; “la sua opera è di quel tal tipo d'arte che è chiave a una più profonda intelligenza della natura e della bellezza del mondo e dello spirito”.

La luminosità è un altro elemento di poetica dantesca da cui Pound rimase affascinato. “La luce, ora, non del sole” cantava in uno dei suoi primi Cantos. Ed avrebbe a più riprese rimarcato che i lettori e la critica prestano in genere troppa attenzione all'Inferno – luogo buio e orrifico – e troppo poca al Purgatorio e al Paradiso, che ha visto nel canto XXXIII l'apice assoluto dell'intera Divina Commedia e uno dei momenti più alti della poesia di ogni tempo.

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