Ricercatori e giuristi scendono in campo per spiegare agli studenti lo stato dell’arte
Fornire ai ragazzi di oggi qualche strumento in più per orientarsi tra le notizie dei mass media e le tante leggende metropolitane che affollano la Rete. Spiegare ai giovani che gli scienziati nei loro laboratori impiegano il loro tempo, per esempio, per cercare delle cure per migliorare la salute e la qualità della vita. Far riflettere e obbligare ad un confronto con la vita e la morte.
Sono questi alcuni degli obiettivi del Progetto “L’Italia unita dalla scienza” organizzato anche quest’anno a Trento dall’Università. Tra le iniziative venerdì scorso, presso l’Aula Magna del Dipartimento di Lettere, si è svolta la Giornata UNISTEM, una mattinata dedicata agli studenti delle scuole medie superiori per illustrare la ricerca sulle cellule staminali, un tema che spesso diventa oggetto di dibattito (solo due anni fa si era svolta in Vaticano una Conferenza internazionale sulle Cellule staminali adulte, organizzata dal Pontificio Consiglio della Cultura in collaborazione, tra gli altri, con Stem for Life Foundation).
Coordinata dai proff. Yuri Bozzi e Simona Casarosa, biologi al CIBIO, la mattinata ha visto la partecipazione di circa 350 studenti trentini che si sono confrontati con alcuni addetti ai lavori, come la dott.ssa Bellicchi del Policlinico di Milano, impegnata in studi clinici per la cura della distrofia muscolare, o la psicologa Sara Bellone, in servizio presso il reparto pediatrico dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Ma sotto il fuoco delle domande incalzanti del giornalista Andrea Cagol, i ragazzi hanno potuto ascoltare anche il punto di vista del diritto, e in particolare il dettame della Costituzione, a voce della giurista Marta Tomasi dell’ateneo trentino.
La ricerca sulle staminali ebbe inizio al termine della 2° Guerra mondiale: l’effetto delle radiazioni dell’esplosione nucleare aveva prodotto nei sopravvissuti il blocco delle cellule ematopoietiche. Un altro filone di ricerca andava nella direzione di una rigenerazione dei tessuti (pelle) danneggiati a seguito di ustioni. Le cellule staminali garantivano una duplice attività: capaci di auto rinnovamento e di differenziarsi in cellule specializzate.
Duplice è anche la loro collocazione: nell’embrione allo stadio di blastocisti oppure nei tessuti adulti. Ma non sono uguali: quelle embrionali sono pluripotenti (messe in terreno di coltura si differenziano in ogni tipo di cellula, nervosa, muscolare …), mentre quelle dei tessuti sono multi potenti, con capacità più ristretta che si perde negli anni.
Esiste però la possibilità di “riprogrammare” una cellula adulta in cellula pluripotente indotta (IPS cells) e riportarla quindi alla condizione di cellula staminale embrionale, un orizzonte, aperto nel 2007 dal giapponese Shinya Yamanaka e dall’inglese sir John B. Gurdon (premi Nobel 2012). Si spalanca qui tutto il settore della medicina rigenerativa: dalla prevenzione del rigetto in caso di trapianti alla cura delle malattie degenerative (sclerosi multipla, Alzheimer e morbo di Parkinson), a quella dei tumori pediatrici e traumi. Se le Cell Factories diventano le stanze dove sognare finalmente un rimedio, le domande restano molte: quali i limiti della ricerca e delle cure? E il diritto alla salute non è forse finanziariamente condizionato? E non dimentichiamo che i tempi della ricerca sono lenti, mentre i bisogni della salute rapidissimi.
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