«Sorrido a sentir parlare di discriminazione. Non più tardi di qualche giorno fa abbiamo accolto la preiscrizione di due bambini con due “papà”, due uomini dichiaratamente gay. Non chiudiamo le porte a nessuno». Il modesto studiolo di suor Eugenia Libratore, al secondo piano dell'Istituto di piazza Verzeri (è tornata a dirigerlo un anno fa, quattordici anni dopo la prima esperienza trentina) è la cassa di risonanza al diluvio che ad intermittenza si abbatte sul capoluogo. E' lunedì mattina e qui piove sul bagnato. Ma la vera tempesta è quella scatenata dal presunto caso di discriminazione sessuale di cui la responsabile del Sacro Cuore si sarebbe macchiata, non rinnovando il contratto a una delle sue insegnanti.
Madre Libratore, qual è la sua ricostruzione della vicenda?
Con la fine di giugno abbiamo preso in mano l'organico e da qui sono usciti con il loro posto fisso i docenti stabili. Ne avevamo un esiguo numero con contratto a termine. Per costoro il contratto si chiude il 30 giugno. Tra loro anche colei che consideravo una brava insegnante. Non risponde al vero che è stata licenziata perché lesbica. Il contratto era chiuso. Il mio era un gesto di premura. A settembre dovremo rimettere a posto l'organico e volevo eventualmente essere tranquilla nei suoi confronti per un lavoro che lei portava avanti con serenità. Solo che avendo avuto qualche voce previa, mi sono attrezzata per sentire direttamente la verità, ma più per essere smentita da lei che per avere conferme. La sua posizione mi ha convinto che il suo intento non era né quello di dialogare, né di fare verità e nemmeno di creare un rapporto benevolo, ma solo di innescare un problema di portata politica. Perché in questo momento la situazione culturale che viviamo non è quella di difendere i diritti di chi ha diritto, ma i diritti dei pochi che vogliono prevalere sui diritti della normalità.
Ma c’è stata da parte sua una verifica dell’orientamento sessuale dell’insegnante o no?
Non parliamo di verifiche. Ma di un chiarimento umano, educativo, attento a certi valori che pure ci premono, a me come responsabile, ma dovrebbero premere a qualunque insegnante che entra in questa scuola. Ma da alcune dichiarazioni uscite dalla stessa persona si suppone che anche lei vivesse un suo disagio. Io non avevo nessun diritto di andare oltre i miei confini, mi preoccupavo di vedere se la sua persona era in sintonia con il nostro progetto educativo.
E dal colloquio lei ha avuto la sensazione che questa sintonia non ci fosse?
La reazione così violenta, senza spiegazioni, mi ha confermato che non vi fosse sintonia con l'ambiente e tanto meno con la sottoscritta che lei ha guardato come fumo negli occhi. Io rispetto perfettamente il “diverso”, che rientra nella mia normale visione delle cose, solo che ho una scuola con un progetto educativo che affidiamo a persone che lo condividono.
Il giudizio sul lavoro dell'insegnante nei cinque anni precedenti qual era?
L'impressione personale è che facesse il suo lavoro e io non avevo da aggiungere altro. Da alcune persone sono arrivate voci critiche sul suo modo di valutare e giudicare, compresi gli alunni. Aveva fatto delle supplenze nella scuola superiore, dichiarando apertamente alcune sue posizioni che avevano destato fastidio.
A darle ragione, paradossalmente, ci sono anche i “Laici del Trentino” secondo i quali è normale che una scuola cattolica possa scegliere i suoi insegnanti, se non fosse che si avvale di contributo pubblico e quindi non può discriminare per ragioni di orientamento sessuale. Come replica?
Il contributo pubblico deve rispondere a dei canoni di giustizia e rispetto delle regole. Non è la paura di perdere il contributo pubblico che deve autorizzarmi a calare il valore della nostra proposta, pur con i tanti difetti e problemi di un ambiente con mille persone, esigenze familiari diverse e orientamenti culturali e anche di fede diversi. Ma se vogliamo esistere in questo ambiente come scuola cattolica noi dobbiamo salvaguardare determinati valori. Intendiamo portare avanti un discorso che, pur nei limiti, sia alle famiglie una risposta di qualità che non si allontani dai valori cristiani.
Il tema dell'omosessualità come viene affrontato a scuola? Quali indicazioni arrivano da lei?
Con il rispetto delle persone, ma anche con una chiarezza di principi. Difendiamo la famiglia, il papà e la mamma che generano naturalmente una famiglia. Abbiamo avuto anche una ragazza lesbica che quest'anno ha fatto la maturità. Lo si sapeva, si rispettava. Non c'è la caccia alle streghe. Il Papa giustamente ha detto: “Chi sono io per giudicare i gay?”. Ma qui non si tratta di giudicare, ma educare. Ed educare dei piccoli significa entrare nelle logiche della naturalezza.
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