Trentino Liberty

Tra gli artisti e le opere esposte è ben rappresentato il Trentino, cerniera fra il mondo italiano e quello tedesco

Per l’Italia, il Liberty – definito Art Nouveau in Francia e in Belgio, Jugendstil in area tedesca e mitteleuropea e Modern Style nei paesi anglosassoni – ha rappresentato un movimento di rinnovamento nell’affermazione di una nuova estetica che incarnasse, superando lo storicismo e il naturalismo che avevano dominato gran parte del XIX secolo, le aspirazioni del Paese alla modernità. Il sogno di una bellezza che fosse in grado di interpretare il mondo trasformato dal progresso scientifico e tecnologico era destinato ad infrangersi definitivamente con lo scoppio della Grande Guerra ma prima di allora, per un decennio abbondante, il Liberty è uno stile di vita, una moda, una rappresentazione del tempo che nell’Europa tra i due secoli diviene cultura della crisi. Che ruolo ha avuto il Trentino in ciò? Senza dubbio rilevante. È quanto emerge dalla importante mostra allestita fino al 15 giugno ai Musei San Domenico di Forlì che, per la prima volta, restituisce l’eccezionalità di quel clima irripetibile, pervaso dall’ottimismo e al contempo dall’inquietudine.

La parte del leone la occupano, ovviamente, Luigi Bonazza e Umberto Moggioli, le due facce di una stessa medaglia. Il primo (1877-1965) dopo essersi diplomato alla Scuola Reale Elisabettina si trasferisce a Vienna e frequenta la Kunstgewerbeschule aderendo alla corrente secessionista di Gustav Klimt alla quale restò sostanzialmente fedele per tutta la vita. Di suo sono esposti il bel manifesto pubblicitario litografico per la SAT del 1904, il grande olio su tela “La leggenda di Orfeo”, dell’anno successivo, quella che a ragione è la sua opera più famosa, e una delle incisioni del ciclo degli “Amori di Giove”, del 1911-1912, che tanto successo ebbero anche in Germania e in Gran Bretagna. Protagonista centrale per lui è la donna, figura a un tempo fragile, superba e carnale, immagine del piacere e della libertà. Umberto Moggioli (1886-1919) al contrario non guarda a Vienna ma a Venezia, agli artisti di Ca’ Pesaro, al decadentismo simbolista. Al centro dei suoi interessi c’è il paesaggio, la natura ininterrottamente e misteriosamente in dialogo con l’uomo. In mostra è esposta la sua “Sera di primavera”, del 1914.

Non poteva mancare Giovanni Segantini (1858-1899), probabilmente il maggiore artista mai nato in Trentino. Con l’ultimo decennio del secolo abbandona i temi pastorali alla Millet, nelle sue opere diventano preponderanti le influenze simboliste e si orienta verso una pittura “ideista” e sempre meno naturalistica, vicina al clima delle secessioni. Emblematico è “L’Angelo della vita”, datato 1894, il grande olio della Galleria d’Arte moderna di Milano. Ancora, di Segantini, sono presenti due autentiche chicche: la sedia e il paravento in intarsio, metallo, ottone, rame dorato, pergamena, corde e avorio da lui progettati e poi realizzati nel 1902-1905 da suo cognato Carlo Bugatti, di collezione privata.

Altre ancora sono le presenze tutt’altro che scontate. Piccola ma elegante la copertina della rivista Italia ride del giugno 1900 opera di Augusto Sezanne (1856-1935), fiorentino assai attivo in Trentino, a Rovereto e non solo. Ancora più importante il bel ritratto di Benvenuto Disertori opera del cremonese Antonio Rizzi, del 1912. Il grande incisore trentino (1887-1969) è ritratto a figura intera a grandezza naturale nella posa di un autentico dandy, vestito di nero, lo sguardo misterioso e assorto, sullo sfondo una raffinata carta da parati. Affascinante il busto in marmo della signora Cecchini di Cordenons ritratta nel 1916 quale allegoria dell’Aria da Vincenzo Jerace (calabrese ma marito della contessina Luisa Pompeati e legatissimo al Trentino). Da non tralasciare il ricordo del compositore roveretano Riccardo Zandonai (1883-1944) costituito dal manifesto della Francesca da Rimini, la tragedia di Gabriele D’Annunzio da lui musicata.

Molte delle opere ricordate provengono dalle collezioni del Mart, come anche il grande olio su tela del 1895 Le Norne, del bolzanino Alois Delug, vero omaggio allo spirito wagneriano e simbolista dell’epoca.

Nell’opera degli artisti e dei committenti di un secolo fa e, oggi, delle istituzioni preposte a coltivarne il ricordo, quello che ne emerge è, una volta di più, un Trentino cerniera fra il mondo italiano e quello tedesco: via privilegiata di conoscenza reciproca.

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