Il posto della coscienza

I grandi interrogativi dell'uomo tra scienza e fede, al convegno organizzato dall'Istituto Sacro Cuore

Chi è l’essere umano e cosa lo rende superiore ad ogni altro essere? Esistono la coscienza e l’anima? Questi grandi interrogativi provocano da sempre la scienza, la filosofia e la teologia e, nel mondo contemporaneo, rimangono di urgente attualità.

Se ne è parlato anche a Trento in occasione del convegno “Chi è l’uomo perché te ne curi? Il contributo delle neuroscienze”, organizzato mercoledì 13 novembre dall’Istituto Sacro Cuore.

La scienza non può spiegare tutto con i teoremi e con l’approccio tipicamente sperimentale. Alcuni misteri restano per lei completamente insondabili, inverificabili, per i quali forse riesce solo a formulare qualche piccola ipotesi. Ne è sicuro Giovanni Strafellini, ingegnere, docente all’Università di Trento. Il pensiero scientifico-sperimentale fatica molto a darsi una spiegazione coerente sull’origine dell’universo, degli esseri viventi e dell’uomo. Sono i tre grandi inizi, i big bang della storia. Resta ancora più incomprensibile come la persona possa pensare sia se stessa sia Dio.

Anche il professor Massimo Gandolfini, primario neurochirurgo presso la Fondazione Poliambulanza di Brescia e vicepresidente dell’Associazione nazionale Scienza e Vita sostiene con forza come la persona non si definisca solo con il proprio cervello, e non si riduca alla dimensione biologica.

Gandolfini – autore del saggio “I volti della coscienza” per le edizioni Cantagalli di Siena – sorprende tutti quando racconta come la coscienza non scompaia mai, se non con la morte cerebrale. All’inizio della sua carriera di medico la comunità scientifica internazionale era sicura che – in alcune condizioni cliniche, quali ad esempio l’anestesia generale o gli stati vegetativi persistenti – la coscienza scomparisse. Studi recenti ottenuti sottoponendo questi pazienti a risonanza magnetica funzionale dimostrano invece come, se sottoposto a stimolazioni specifiche, il cervello manifesti in determinate regioni un’attività residua, anche consistente. Lo dimostra il caso di una paziente in stato vegetativo prolungato alla quale era stato chiesto di immaginare di giocare una partita a tennis. Altre ricerche confermano come ancora le persone in stato vegetativo prolungato sentano dolore e provino il senso del piacere, in modo spesso ancora più forte rispetto a una persona in perfetta salute. La nostra mente rimane ancora molto misteriosa, anche perché il cervello umano é un organo plastico, struttura continuamente le sue cellule cerebrali, i neuroni, formando una fitta rete di interconnessioni in base alle esperienze vissute, e alle relazioni di ogni giorno.

La coscienza poi è un organo da educare, non occupa un posto fisico dentro l’encefalo, come pensavano certi studiosi fortemente riduzionisti ma risulta da un insieme di fattori che, oltre alla biologia, includono emozioni e volontà. Coincide con l’anima e fa distinguere all’uomo il bene dal male, gli dà la forza per compiere azioni di grande amore verso il prossimo e lo guida nelle grandi scelte dell’esistenza.

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