Attraverso la sua poesia, Oxilia vuole preservare la memoria etnica e linguistica cimbra
Una ricerca poetica al confine tra l’espressione lirica (da sempre una forma del linguaggio tra le più alte e sublimi) e il preservare la memoria di una minoranza etnica e linguistica, quella cimbra.
È lungo questi versanti di territorio alpino che sono quelli dei comuni cimbri della Lessinia veronese e i dirimpettai dell’altopiano di Folgaria, Lavarone e Luserna che si muove lo sforzo e l’elaborazione poetica di Andrea Oxilia, veronese di nascita e trentino di adozione. Una geografia segnata da aspre zone di confine e insieme una geografia dei sentimenti, luoghi dell’anima.
Andrea Oxilia è da cinque anni comandante del Nucleo Operativo e Radiomobile dei carabinieri di Riva del Garda, col grado di tenente. Ma è anche poeta. Nessuna contraddizione, piuttosto quasi una complementarietà (ha avuto ascendenze di carriere militari e di vocazioni poetiche nelle figure di nonni e di prozii).
Sono le vacanze giovanili trascorse a Folgaria e a Luserna che gli sono rimaste profondamente ancorate nel cuore: “Mentre per i miei compagni di Folgaria era normale usare parole cimbre, io percepivo in quei suoni la lingua del nonno e scrivere poesie è venuto quasi spontaneo”. Ma non si è trattato di un’operazione facile, meccanica, anzi, cavare da spezzoni di una lingua così rigida, scabra, dura, elementi di pura musicalità è risultato essere prodotto di tenacia e testardaggine. Una cura che trova la sua fonte d’ispirazione nella ricerca e nell’amore per le proprie origini, la terra dei padri, la memoria di tante fatiche che ci hanno in parte permesso il benessere attuale.
Il lavorio sulla lingua così “cercata, brancata, aggomitolata nell’aere” – sono parole del poeta – diventa ricerca di un mondo apparentemente perduto che necessita di ritrovare una propria ricollocazione, in qualche modo di essere richiamato in vita. Quel mondo era fatto di sobrietà, del senso dell’essenziale, di solidarietà, una vita ridotta all’osso, tante fatiche e sofferenze. Andrea Oxilia sembra dirci: non dimentichiamolo quel mondo, quei sudori, quelle sofferenze, quell’impegno perché solo nel ricordarlo noi possiamo diventare migliori, dare un senso compiuto ai nostri giorni. Esemplare a tal proposito ci sembra una poesia come “Galat”, il lascito (dedicata “Ai miei cimbri veronesi”) dove l’atmosfera apparentemente dimessa e di trapasso (“La morte è/ lascito/ della mia parlata./ Segno di carbone sui vecchi,/ olla vuota per i giovani”) in realtà cela un’ostinata resistenza, una pervicace volontà di non lasciar perdere nell’oblio ogni cosa: “Mi accingo all’/ ultimo spegnitoio/ su stoppino già fumante”, termina il breve componimento, dove, appunto, lo stoppino – il segno della fiammella accesa, della vita che ostinatamente dura e perdura – s’è spento ma attende di essere riacceso, una risposta positiva e di accoglienza, dunque, di un mondo altrimenti destinato a perdersi.
Andrea Oxilia, laureato in giurisprudenza con una tesi sulle minoranze linguistiche, ha voluto testardamente imparare il cimbro. “Questa lingua deve sopravvivere”, osserva accorato, guardando con sollievo alla collaborazione tra la piccola frazione di Giazza, nel veronese, a serio rischio di spopolamento e di abbandono, e il Comune di Luserna, maggiormente tutelato grazie anche all’Autonomia speciale. Il giovane poeta si batte perché i 13 piccoli borghi veronesi della Lessinia, al confine con Ala, dove la parlata è ferma al 1100 e molti termini non esistono più, vengano riconosciuti, valorizzati e preservati; auspica per questa enclave chiusa in se stessa un piccolo rinascimento, e in questo stretto connubio tra ricerca poetica e tutela delle minoranze linguistiche sta la sua testimonianza originale di ricerca e di resistenza.
Poeta “neocrepuscolare” è stato detto di Andrea Oxilia da parte di Mario Rigoni Stern, e – conoscendo lo scrittore di Asiago – non nel senso regressivo o intimistico del termine ma nel senso di attenzione, sensibilità, cura, coraggio di osservazione delle persone e delle piccole cose dimenticate.
Andrea Oxilia ha già ottenuto numerosi riconoscimenti, ha vinto diversi premi letterari; la sua poetica è in piena evoluzione, la sua giovane età (è poco più che trentenne) gli consente ampie chances di scavare in quella terra di confine e di memoria col tratto e la sensibilità che lo contraddistinguono. È uno scavo e una ricerca, la trasmissione di una ricchezza interiore, che giova a tutti noi.
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