26 maggio 2024 – Trinità B
Dt 4,32-34.39-40; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20
«Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Mt 28,19
La riflessione sul Dio Uno e Trino comporta sempre delle difficoltà, se vogliamo costringere il mistero di Dio dentro la ristrettezza e l’insufficienza della ragione umana. Ben più proficuo è il modo di procedere della bibbia. Essa ci narra l’agire di Dio nel corso della storia e pian piano ci fa scoprire che questo Dio è Uno nel suo essere ma è al tempo stesso relazione di amore interpersonale che si apre a noi. Il linguaggio della teologia confluisce poi nella stessa liturgia, che ci fa pregare: “O Dio Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito santificatore per rivelare agli uomini il mistero ineffabile della tua vita, fa’ che nella confessione della vera fede riconosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l’unico Dio in tre persone” (colletta). Da questo punto di vista le letture di questa domenica sono quanto mai illuminanti.
La prima lettura, tratta dal libro del Deuteronomio, sottolinea l’unicità del Dio di Israele. Questo Dio Unico si è scelto un popolo, lo ha liberato dalla schiavitù, ha stipulato con lui un’alleanza e gli ha donato una via per rimanere libero ed essere felice: i comandamenti. In questa coscienza dell’unicità di Dio è cresciuto il popolo d’Israele. Questa coscienza dell’unicità di Dio è condivisa dall’ebraismo, dall’islam e dal cristianesimo. La nascita, morte e risurrezione di Gesù Cristo e il dono dello Spirito hanno però portato a una esperienza e a una comprensione di Dio più profonde.
Infatti, il brano tratto dalla lettera ai Romani ed il vangelo di Matteo ci aiutano a comprendere la nostra vita di Cristiani come un’esistenza «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». In quanto battezzati noi siamo inseriti e immersi nella vita stessa del Figlio, grazie al dono dello Spirito. Proprio in virtù del dono dello Spirito possiamo chiamare Dio con il nome di Padre. Nella nostra voce il Padre riconosce la voce del Figlio suo. Infine, lo Spirito ci conferma interiormente che siamo figli di Dio e siamo chiamati a partecipare alla vita stessa di Dio, a quella perfetta relazione di amore che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
San Francesco d’Assisi legge alla luce della relazione con la Trinità anche la persona e la vocazione della Vergine Maria, e per analogia, la vocazione di ogni battezzato. Maria è “figlia e ancella dell’altissimo sommo re il Padre celeste, Madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo” (UffPass, Antifona: FF 281). A Chiara e sorelle ricorda che “per divina ispirazione, vi siete fatte figlie e ancelle dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo” (ForVit: FF 139). E a tutti i cristiani Francesco annuncia che sono “figli del Padre celeste, di cui fanno le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo… quando nello Spirito Santo l’anima fedele si unisce a Gesù Cristo” (2Lfed 49-51: FF 200).
Questa esperienza di Dio è personale e comunitaria al tempo stesso. Questa esperienza di Dio ci spinge alla missione perché ogni uomo possa lasciarsi coinvolgere in questa relazione di amore. Questa esperienza di Dio dà senso e compimento alla ricerca di verità di ogni uomo e alla sete di significato cui tenta di rispondere ogni proposta religiosa.
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