Riarmo nucleare, nuova escalation?

A distanza di più di trent’anni, viene messo in discussione lo “storico” accordo tra Reagan e Gorbaciov sugli “euromissili”

Il recente viaggio a Mosca del plenipotenziario statunitense John Bolton (un falco, nella già guerrafondaia Amministrazione americana di Trump) non lascia presagire nulla di buono su un versante abbastanza negletto e dimenticato in questi ultimi tempi: la questione del nucleare militare. Se si va nella prospettiva di intraprendere ulteriori e decisivi passi verso il disarmo oppure se c’è l’intenzione di una decisa inversione di tendenza nella direzione del riarmo. Due direzioni, due scelte diametralmente opposte. E dirimenti per il futuro di ognuno di noi, anche se appaiono decisioni e scelte lontane e che non ci riguardano.

Tutto lascia intravedere che la strada intrapresa sia già tracciata e porta decisamente verso il riarmo. Che significa non solo più arsenali militari strategici ma anche più ricerca bellica, quindi più risorse, fior di miliardi di dollari, messi a disposizione del Ministero della Difesa, insomma un’intraprendenza che tende a rompere gli attuali equilibri per ribadire –da parte dell’Amministrazione repubblicana a Washington- la superiorità made in Usa di fronte al cospetto mondiale.

Insomma, a distanza di più di trent’anni, viene apertamente messo in discussione lo “storico” accordo dell’8 dicembre 1987 tra Ronald Reagan e Michail Gorbaciov in base al quale gli Stati Uniti si impegnavano ad eliminare gli “euromissili”, cioè i missili balistici Pershing schierati in Germania occidentale e l’Unione Sovietica si disfaceva dei missili balistici SS-20 posizionati sul proprio territorio.

Si tratta di una pericolosissima –nefasta- inversione di tendenza, assai significativa sul piano concreto e sul piano simbolico. Sul piano concreto perché vuol dire spendere un sacco di soldi per gli armamenti –una spesa folle ed inutile quando le necessità del mondo sono ben altre e tenendo conto dell’altissimo indebitamento degli Stati Uniti, circa 17mila miliardi di debito pubblico che graverà sulle future generazioni!- e sul piano simbolico perché questo vuol dire che anche gli antagonisti (Russia e Cina principalmente) non staranno a guardare e risponderanno a loro volta con altri ingenti investimenti bellici per contrastare la decisione Usa. E’ un avvitamento su se stessi che fa molto male alle sorti dell’umanità, frena il dialogo volto al processo di disarmo ed è preludio a nuove, pericolose tensioni. Michail Gorbaciov, ormai vecchio e claudicante ma lucidissimo, ha commentato che questa decisione “vanifica tutti gli sforzi fatti per scongiurare il riarmo”. E’ vero, perché con un colpo di spugna, con motivazioni assolutamente pretestuose oltretutto, si buttano alle ortiche anni e anni di passi positivi compiuti. E’ come se rivendicazioni personali, sogni di gloria, ripicche, invidie e gelosie dovessero avere la meglio su decisioni razionali e sensate. A dirla tutta però non è solo questo: ci sono corposissimi interessi del complesso militare-industriale che da decisioni del genere accumula profitti ingentissimi, e non è un caso che le azioni delle società interessate siano da qualche tempo nell’occhio degli investitori e vengono comprate a man bassa, facendole lievitare, sapendo delle remunerazioni prossime venture. In questo quadro non certo rassicurante l’Europa, divisa e distratta, è del tutto assente, proprio l’Europa che dovrebbe essere interessata in prima persona al processo di riarmo. Eventuali nuovi euromissili, infatti, non potrebbero essere istallati che sul territorio europeo e proprio nei paesi ex satelliti di quella che fu la non compianta l’Unione sovietica.

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