Sul rapporto fra Stati nazionali, autonomie regionali e Unione Europea il parere di Fabio Chiocchetti
Rimane sempre altissima la tensione e massima l'incertezza in Catalogna dopo la vittoria del sì con il 90 per cento al referendum per l’indipendenza, ritenuto illegale dal Governo spagnolo e dal Tribunale Costituzionale. Al voto di domenica 1° ottobre avrebbero partecipato 2,2 milioni di elettori, sui 5,3 chiamati alle urne. In 800 mila avrebbero provato a votare senza riuscirci. La giornata è stata infatti segnata da scontri tra cittadini – 893 quelli rimasti feriti – e polizia nazionale, intervenuta con la forza nei seggi per impedire la consultazione. All'indomani del voto, centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza “contro la repressione e per le libertà”. Il re Felipe VI ha accusato il governo catalano di “slealtà e di condotta irresponsabile”, mentre il presidente catalano Puigdemont ha annunciato l'atto di indipendenza unilaterale all'inizio della prossima settimana. Se non si trovassero margini di mediazione Madrid potrebbe applicare l'art. 155 della Costituzione spagnola, che consente la sospensione parziale o totale delle competenze del governo catalano.
Il caso catalano costringe a riflettere sul rapporto fra Stati nazionali, autonomie regionali e Unione Europea. “Sì, sulla duplice necessità – concorda, ai microfoni di radio Trentino InBlu, Fabio Chiocchetti, direttore del Museo Ladino di Fassa – di preservare sia l'appartenenza all'Unione Europea, sia le identità nazionali e la pluralità delle tradizioni, delle culture e degli assetti costituzionali”.
C'è da osservare che, oltre a quelle identitarie, storiche e politiche,l'indipendentismo catalano intreccia anche ragioni economiche e fiscali. Se è vero che dalla fine del franchismo in poi il Governo centrale ha concesso alla Catalogna un'autonomia molto ampia – linguistica (il catalano è lingua ufficiale assieme allo spagnolo), amministrativa, scolastica, sanitaria e persino a livello di sicurezza, con una propria forza di Polizia (i Mossos d'Esquadra) -, è sul fronte tributario che i separatisti rivendicano da sempre un'autonomia rifiutando le pressioni e i limiti imposti da Madrid. Una gestione delle risorse che porterebbe notevoli vantaggi ad una regione che con 7,5 milioni di abitanti e un tasso di crescita del 3,5 per cento contribuisce al 20 per cento del Pil spagnolo.
“Per le minoranze in Europa il processo catalano ha costituito un modo esemplare di recupero dell'identità e di una storia comune per avanzare nei gradi successivi di autonomia – spiega Chiocchetti –, ma il mancato riconoscimento di nazione e l'annullamento di alcuni articoli dello Statuto di Autonomia ha creato la frattura.
I nodi vengono al pettine, e ora ci troviamo di fronte ad un'Europa che fatica a tenere insieme gli Stati nazionali, forse perché non riesce a far convivere le identità regionali. Ma questo è lo sbocco ineludibile con cui l'Europa dovrà fare i conti”.
Secondo Chiocchetti, la spinta propulsiva catalana è un'occasione per rilanciare l'idea di un'Europa dei Popoli e delle Regioni. “Le identità nazionali sono una risorsa da valorizzare e non un problema da reprimere – conclude -, ma che si risolve in un investimento transfrontaliero, dove queste particolarità (piccole o grandi) abbiano il diritto di autodeterminare la propria formazione politica in un quadro europeo che si fa vanto di questa multiculturalità”.
Mentre Spagna e Catalogna marciano in direzioni opposte, arriva l'appello di Bruxelles: “E' il momento di mostrare non divisioni e frammentazioni, ma unità e stabilità” e “di passare rapidamente dal confronto al dialogo”.
Lascia una recensione