Cosa succederebbe se, anziché usare il maschile sovraesteso, si usasse il femminile sovraesteso? Se lo è chiesto l’Università di Trento, che giovedì 28 marzo ha varato un Regolamento generale di Ateneo dove si parla di rettrici e professoresse anziché di rettori e professori, come si usa fare solitamente quando si parla di un gruppo di persone che è composto da donne e da uomini.
La peculiarità del femminile sovraesteso viene ribadita proprio nell’incipit con l’introduzione di un apposito comma: “I termini femminili usati in questo testo si riferiscono a tutte le persone” (Titolo1, art. 1, comma 5).
È il rettore Flavio Deflorian a spiegare la genesi e le ragioni di questa decisione: “Nella stesura del nuovo Regolamento abbiamo notato che accordarsi alle linee guida sul linguaggio rispettoso avrebbe appesantito molto tutto il documento. In vari passaggi infatti si sarebbe dovuto specificare i termini sia al femminile, sia al maschile. Così, per rendere tutto più fluido e per facilitare la fase di confronto interno, i nostri uffici amministrativi hanno deciso di lavorare a una bozza declinata su un unico genere. Hanno scelto quello femminile, anche per mantenere all’attenzione degli organi di governo la questione. Leggere il documento mi ha colpito. Come uomo mi sono sentito escluso. Questo mi ha fatto molto riflettere sulla sensazione che possono avere le donne quotidianamente quando non si vedono rappresentate nei documenti ufficiali. Così ho proposto di dare, almeno in questo importante documento, un segnale di discontinuità. Una decisione che è stata accolta senza obiezioni”.
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