Il direttore del Centro Missionario, don Giuseppe Caldera ha visitato i nostri missionari in Perù ed Ecuador assieme a don Francesco Moser, che ha scritto per noi questo diario di viaggio
“Due Fidei donum in cerca d'attori in Perù ed Ecuador”. Così titolerebbe padre Chico Moser, che ha accompagnato il direttore del Centro Missionario Diocesano don Giuseppe Caldera in Perù ed Ecuador nel mese di luglio. All'insegna di un caldo “bienvenidos” da parte degli altri missionari hanno fatto “l’esperienza di avvicinarsi alla storia vissuta dalle genti. In punta di piedi, forse”. Gli abbiamo chiesto alcuni appunti di un viaggio che “può essere filmato e fotografato, ma anche narrato con gli occhi, col cuore, con i piedi, colle mani e…in silenzio”.
Piccola agenda di una maratona, il tempo della ‘mission’ trentina. Ci mancava solo la musica di Morricone , anche se vibrava la voce di Mercedes Souza: ”Da-le tu mano al indio, da-le que te hara bien…”
Los pueblos di Lima. Migliaia di esseri viventi, come le celebri formiche umane ,abbarbicate, incollate per qualche magia sulle conche urbane. Case grandi come giocattoli di materiale fragile. Ad esempio, “Mi Perù”, l’area dove il francescano padre Bepi Bortolotti gira, chiama, spiega e condivide le Buone Notizie del Vangelo. Assieme a laici che sentono la responsabilità di gestire e animare tanta sfida. Gli abitanti un tempo vivevano sulla cordigliera delle Ande, popoli rimanenti degli Incas. Ma anche il popolo del rione “Manchai”, dall’altra parte di Lima, oggi con 12 milioni circa di persone, dove arrivarono a migliaia fuggendo ai tempi del terrorismo del Sendero Luminoso. Lì a “Manchai” opera però una Chiesa attenta al grido dei poveri e una clinica di religiose di San Camillo. Curano ogni malattia e visitano casa per casa, dentro la vita e la storia dell’antica gente di Ayacucho. O l’altro rione dove ora scendono le avionetas della droga. Ovunque il guardo io giro… 80 mila volti. Sono gli incontabili, gli invisibili, ora qui, vaganti, sull’asfalto reale. Scesi dagli altipiani,oggi sono il nuovo tessuto di questo strano puzzle, chiamato città. Specialmente i figli giovani, ansiosi di trovare sbocchi, però rapidamente sradicati, affascinati dal web. Le radici,ormai…
Terre nuove. Viaggiare può diventare il tempo della sveglia. La condivisione di esperienze, oltre che del pranzo. Siamo accolti sempre come messaggeri o ambasciatori anche nella casa – collegio di dom Pachi (il vescovo mons. Adriano Tomasi), per noi segnalatore di cammini. Rompere l’accerchiamento del traffico, incontrare persone amiche che furono personaggi originali nella costruzione della vita cristiana, testimoni di fede in questi territori. Eccoci in ascolto di mons. Dante Frasnelli, 91 anni, vescovo emerito di Huari sulle Ande, successore di dom Marco Libardoni e dei suoi programmi. Il ricordo del terribile terremoto del 1972, una lunga storia di inserimento nelle culture dei luoghi freddi, la forte pazienza per non cedere. Imparando dalla secolare resistenza indigena.
O ancora, un altro esempio: padre Marcello Coraiola, giuseppino, che nonostante l'età avanzata, viaggia ancora intrepido e caparbio per le strade, incurante dei ladri. Ma nel cuore della città scopriamo anche tesori nascosti di umanita: “E’ permesso?” Entriamo per conoscere l’associazione cattolica che gestisce l'albergo gratuito transitorio, dove vivono 23 giovani mamme sole, coi loro rispettivi figli. L’annuncio dice: ”Sei gravida, non sai che fare? sei sola e confusa? Vieni al Hogar Gladys”.
Sono studenti universitari a orientare le ragazze-madri aiutandole a ritrovare autostima, perchè “è sempre possible ricominciare”.
Persone rigettate. Ci imbattiamo nella comunità di accoglienza per disabili gestita da quattro suore brasiliane. Sono anche loro ‘parenti’ di congregazione delle Camilliane. Conoscono bene tutto il territorio urbano e accompagnano con competenza amorevole queste persone che la cultura mette nel dimenticatoio sociale o addirittura rigetta.
Poi con madre Ester entriamo nellla clinica delle suore di San Camillo, nel cuore della città, che accoglie gente malata e sofferente di ogni parte. Veniamo a conoscenza anche della comunità terapeutica “Mundo libre” per la riabilitazione dei bambini di strada. Respiriamo la vita giovanile dei grandi collegi, centri educativi, dove nasce il futuro, lavoro per maestri e professionisti, per volontarie, anche trentine, come Anna e Sara, con Ivana di Padova.
Custodi della Creazione. Ci rimane nella memoria il grande evento nel collegio fondato da dom Pachi: mille volti radiosi nel giorno di una speciale celebrazione della Parola. E’ la confermazione dei “Custodi della Creazione”, ispirati dalla Laudato Sì’ di Papa Francesco. Uno spettacolo unico quando i ragazzi portano su le piantine nuove di varie qualità per la lunga e ripida scarpata che si arrampica sul rione collinare. Francesco di Assisi e papa Bertoglio sorridono di nascosto, a questa generazione cosi sensibile al suolo, “agua, las montanhas, como caricia de Dios”.
Il santo con la scopa. La città cosmopolita e informatizzata è ancora impregnata di spiritualità. La sentiamo entrando nel più famoso santuario del “Signore dei miracoli” del monastero delle Nazarene carmelitane scalze: guardiamo ammirati all’immagine della Vergine del Carmen, col bambino in braccio,umana e sorridente. Qualcuno ricorda e racconta che più di 357 anni fa uno schiavo africano dipinse su un muro l’immagine del Signore dei miracoli. La Virgen Maria che incontreremo como richiamo in ogni canto del paese, è protezione d’amore per questa umanità in cerca di sicurezza e vita. Troviamo gremito di fedeli il luogo della giovane santa più amata dall’America latina, Rosa di Lima, domenicana vestita in bianco e nero; la riconosciamo vicino al pozzo dove lei ha gettato la chiave del cilicio, senza paura di sofferenza. Come il santo del servizio, al tempo della schiavitu, Martino de Porres, tutto dolcezza, e pronto a servire i più piccoli. Solerte nel ripulire dalla corruzione ogni circostanza, è raffigurato la scopa accanto.
A Lima si cammina colla nebbia permanente sopra la testa. E'inverno e qui non piove mai, vien giù solo un’acquerugiola fine e un po’ gelata, la celebre ‘garoa’, per noi di brasiliana memoria.
Sui monti col Mato Grosso. E’ tempo di volare alle montagne di Cajamarca, luogo-simbolo di Ataualpa, lider massimo degli Incas ,qui assassinato davanti al suo popolo in un giorno che è lutto per tutto l’impero andino.
Sulla montagna di Encanhada vivono e lavorano i membri dell’Operazione Mato grosso. Riconosciamo Daniela , di Tione, da 11 anni anima di un ‘hogar’, tiepido focolare di bontà e generosa attenzione, per adulti e bambini disabili, approdati da tutto il Perù: volle costruire qui um abiente protetto, vincere anche la cultura dello scarto che ferisce anche oggi queste creature amabili e grate. Arriviamo nel giorno della morte di una bambina . Tutta la comunità prega e piange attorno. Piu’ tardi, Daniela rimugina amorosamente: ”L’avro’ amata abbastanza?”, lei che i disabili li tiene accanto anche durante la notte. Storia di questa piccola Teresa di Calcutta, ispiratrice di Daniela e anche dell’altra collega Stefania,sul versante opposto di Cajamarca. Insieme a loro incontriamo sacerdoti e operatori che lavorano con tenacia da grandi artisti. Hanno svolto una gigantesca opera di redenzione e anche di costruzione di cattedrali, monasteri e luoghi di preghiera per la gente e pure progetti di agricoltura , con pruduzione abbondante di ‘papas’(patate),verdure animali, destinati alla manutenzione del lavoro. Ascoltiamo la storia attuale dei centri minerari, dove migliaia di persone lavorano in condizioni precarie. Più in alto, colonne di container , ininterrotamente, portano ai litorali verso il Canadà, quantità enormi di materia grezza. Le vene aperte dell’America latina sanguinano ancora. Il Perù ricco e lussereggiante è ancora fonte di guadagno per gli stranieri: le terre per il cacao e per l’agricoltura intensiva nei deserti della costa, dove si producono mirtilli per la Cina, o gli asparagi , o le piantagioni di frutta esotica, delle banana, del miglio. E’ ormai lontano il tempo del boom petrolifero dei campi dell’Amazzonia degli anni Settanta. Le compagnie oggi se ne vanno . lasciando dietro stragi ecologiche e culturali.
Al porto dei pescatori.
Dopo il saluto a Lima con il segretario delle pastorali sociali della Conferrenza episcopale che ci lascia nel cuore la preoccupazione per le ‘barriadas’ i rioni dove laici cristiani affrontano anche la vita colla presenza dei narco-trafficanti, ma anche la bella proposta dell’educazione ambientale, con materiale eccezionale ,estratto dalle catechesi di papa Francesco.
In Ecuador dopo il terremoto. Siamo a Quito, la capitale ecuadoriana sdraiata in una lunga valle, a 3200 metri di altezza ,pero’ con clima secco e tollerabile. Ci guida don Claudio Zendron, comboniano autentico, gigantesco e servizievole come il ‘Bud Spencer’ della missione Americana. Ci afferra e ci fa navigare, giorno dopo giorno , come in una maratona . Capire la missione oggi e’ facile accompagnandolo a El Carmen e dintorni, a toccare con mano le comunita’ di base , solidamente sostenute da laici adulti, donne teologhe e giovani animatori della Parola . Sale della terra attraverso le piantagioni di banana e la bella agricoltura equatoriale. Andiamo con occhi nuovi verso le cittadine che hanno affrontato il terremoto dell’ aprile e del maggio scorso. A Portoviejo, dal vescovo Voltolini, leader dell’animazione durante e dopo le violente scosse del sisma.
Portoviejo, Jama, Peternales,epicentro delle scosse. Occasione per parlare con preti della vicina Colombia, dell’Ecuador, dell’Italia. Molte menti e mani di uomini e donne provate , infangate in opere di misercordia, al vivo. Case cadute, chiese spezzate, squarci e rotture, macerie a montagne. Per ora,circa 600 vittime. Il martello pesante del terremoto ha segnato per molto tempo le strutture in generale ma anche l'anima di queste genti. Ma anche fede viva, preghiere e richieste condivise a tu per tu. Una narrazione dell’orrore , ma anche di rinascita. Una Expo dell’amore, della dignità.
Viaggiare è captare, raccogliere. Ci aiuta suor Gisella Dellagiacoma di salesiana sostanza, che racconta senza stancarsi della sua esperienza di animatrice missionaria, tutta una vita. Vicini a Manta, in una località periferica di sabbia e aridità, la rivelazione di un gruppo di giovani volontari che costruiscono casette per la gente di S. Mateo. Hanno la guida e la testimonianza eccezionale di una coppia bleggiano-trentina,i coniugi Maria e Mauro Bleggi, da 40 anni in Ecuador, ora scesi dalle montagne ,”per star piu’ vicino alla gente’. “Non sono tutte rose e fiori”- dicono, perchè c’è anche l’artiglio dei narcotraffici. Sera di riflessione e lezioni di vita con loro.
Pastorale afro. Siamo già arrivati a Esmeraldas, brillante città sulla costa nord. Terra dove nei tempi coloniali una ‘nave negriera’ aveva naufragato e gli schiavi si dispersero per le foreste, liberi e fieri . Alla sera , partecipiamo stupiti a una bella celebrazione, solo di genti negre. Un bel saggio di pastorale con la gente afro per la soddisfazione di padre Claudio,che per anni ha dedicato il meglio di sé agli afrodiscendenti, appannaggio pastorale dei valenti figli di Daniele Comboni. Coraggiosa anche la testimonianza di don Giuseppe Pedandola, espulso già nel ’72 dal Brasile dai latifondisti per la sua testimonianza coraggiosa. Anche collaboratore di Proanho a Riobamba. Risaliamo dalla costa verso Borbon, base di partenza dei lavoratori del vangelo comboniani, fratelli generosi e di un giovane padre polacco.
Sulla Cordigliera. Vicino a Ibarra, nella localita’ San Antonio, una delle mete del nostro viaggio: il Centro dedicato all’apostolo profetico di Riobamba, don Leonidas Proano, difensore instancabile della causa indigena nei decenni passati. Bere alle fonti del Vangelo fa bene. Questa terra gronda cultura millenaria e sangue versato. Piu avanti,la citta di Otavalo, luogo della resistenza e della bellezza pura dell’arte indigena. Colori fortissimi, significato di identità. Si dice che gli abitanti di Saraguro portano gli abiti neri in segnale di perenne lutto per la morte del loro Ataualpa. Sui giornali si legge che al sud del Perù quest’inverno la temperatura è scesa fino all’insopportabile 25 gradi sotto zero. Bilancio: 45 mila lama morti con circa 20 mila vicunha e alpaca uccisi. Anche bambini e adulti morti.Il giornalista commenta che la zona è da sempre abbandonata.
Di nuovo a Quito. Ecco al centro storico della citta, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Come è possible una zona di decine di chiese così sfarzose, foderate d’oro. Palazzi immensi per i magnati della nazione, soffitti rifiniti d’ argento dalla famosa scuola di Quito (e dalla mano d’opera schiava, si capisce !).
Il centro di Quito si raggiunge col trolleybus, veloce e sicuro.Lungo il persorso riconosciamo la città dei lavoratori dell’economia informale (quasi il 60 % della gente ), che vende e offre, che supplica verso l’indifferenza ormai abituata (a volte sdegnata) dei conterranei . La voce e gli occhi degli abbienti e terratenenti ricchi non sentono, non odono e non vedono. Non manchiamo di andare alla “Meta’ del mondo” dell’Equador, un grande anfiteatro turistico e culturale collocato sulla metà del mondo.
L’eco di Francesco. Il Papa ha spaziato per tre paesi di gente indigena (Equador,Bolivia,Paraguay) l’anno scorso. Ha lasciato segni forti, inviti e proposte al suo passaggio. E’ salito alla Virgen del Quinche, punto di incontro settimanale di migliaia di pellegrini, in cerca di benedizione, essere lavati dall’ acqua purificatrice, essere dolcemente accolti dalla Vergine del Vangelo. Restano le parole di Francesco ,per caricare la sveglia missionaria di queste chiese. Risaliamo la collina sovrastante per il saluto finale , alla bianca citta’ coloniale, dove la Virgem del Panecillo (del piccolo pane) statua imponente di 40 metri di altezza protegge con ali aperte e occhio vigile, come la donna dell’Apocalisse, quel formicaio che brulica là in basso. I governi vengono e passano, salgono e si disfanno nella notte, ma “ad gentes” deve insistere e non desistere dal Dio “che da’ la vita”.
Miss andina. Giornale dell’ultimo giorno: la giovane Karen Narvaez, 21 anni, della popolazione Quijos, popolo amazzonico in processo di riconoscimento come nazionalita è designate nuova Nhusta andina (miss andina); viene dalla parrochhia di San Pablo in Archidona. Ha deciso di avere come priorità pubblica il recupero e la trasmissione di conoscenze ancestrali fra i giovani e i bambini della sua comunità e la valorizzazione delle vestimenta e dell’idioma kichwa. Lo fara’ attrraverso laboratori e incontri intercultural in tutta la sua terra . Gli incontri di valorizzazione della memoria collettiva inizieranno presto con la condivisone anche della medicina naturale… La giovane Karen avrebbe potuto partecipare a Cracovia ,come portavoce della sua gente.
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