Sabato 14 novembre. Per recarmi a Lourdes prendo il volo Roma-Tolosa di buon mattino. Nel trasferimento verso Fiumicino ascolto alla radio le notizie drammatiche della notte parigina. Mi dico: proprio oggi vado in Francia… Sull’aereo ci avvertono che molto probabilmente alla frontiera ci chiederanno i documenti, anche se arriviamo da un Paese-Schengen. Mi avvolge un senso di tristezza, come la nebbiolina che trovo a Tolosa a custodire l’intimità delle case. In città si respira un’aria umida di lacrime e c’è poca gente in giro. Il treno che mi porta a Lourdes si sfila progressivamente dalla nebbia e sempre più i Pirenei mi si avvicinano nella luce tersa di una giornata di sole. Sarò ospite dei miei confratelli della Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione (“Padre Monti”) impegnati nel Santuario e nella diocesi: sono due congolesi, un indiano e il viterbese padre Francesco Cavalieri.
Alle 18, davanti alla Grotta di Massabielle, mi unisco ai pellegrini che sfidano il fresco della sera incipiente per “gridare” la propria preghiera, come gli ebrei nella schiavitù d’Egitto: “Signore, non abbandonarci nella paura!”. Il prete invita a pregare per i morti degli attentati, per le loro famiglie, per la Francia. Il giorno seguente, domenica, frequento la Messa in italiano. Prima del saluto comunicano un avviso: le autorità hanno deciso che alla spianata del Santuario si può accedere solo attraverso Porta san Giuseppe. Gli altri cancelli resteranno chiusi. Il celebrante esorta i fedeli a non lasciarsi afferrare dall’ossessione della paura. Queste misure, dice, sono utili alla prevenzione.
Nelle due serate in terra francese mi sono concesso inusitate ore alla TV, seguendo i talk show dei canali italiani. Questa espressione inglese definisce la fiera delle chiacchiere televisive, come conferma la mostra di sé da parte degli onnipresenti e loquaci invitati: Salvini, Sgarbi, Feltri… Più si impongono (e litigano) più cresce lo spettacolo. In conclusione: ai figli va garantita sicurezza, ma non si fa cenno all’educazione al dialogo e alla capacità critica; l’arte del Bel Paese è così unica che gli altri sono descritti come privi di cultura e di bellezza; l’islam è il nemico da combattere e tutti gli italiani sono cristiani (anche se le chiese sono sempre più vuote).
Una sera mi raggiunge padre Francesco, che vuole dare un’interpretazione in chiave spirituale a quanto sta succedendo in Europa e nel Mondo. Evidenzia lo spaesamento etico e religioso che in Francia si manifesta in una frequenza della Messa domenicale all’uno per cento. Dice che la Storia ora presenta il conto ma, nel contempo, ammette che vi sono segnali di sensibile recupero spirituale nel cammino delle persone. Lo dice lui, che sta sette ore al giorno in confessionale. A Lourdes davvero le lacrime vengono asciugate e la preghiera scandisce i passi della storia umana.
La consapevolezza di questo passaggio epocale risulta più carica di futuro della conquista della luna: bisogna chiedere a tutti di esserne coscienti. L’ha fatto recentemente papa Francesco in merito ai cambiamenti climatici e al tema dell’ecologia. Più volte ha scritto nella lettera enciclica Laudato si’ che è “urgente” porvi rimedio. Che faranno i rappresentanti dei popoli nel summit che si terrà a Parigi nei prossimi giorni?
Prima del ritorno acquisto una copia del quotidiano cattolico La Croix, che in prima pagina titola: Vivere con la minaccia. Nel volo verso Roma si infilza nei miei pensieri la percezione che papa Francesco – come disse la prima sera in piazza san Pietro – sia stato preso “quasi alla fine del mondo” in senso geografico, ma anche storico. Lo scenario sarebbe apocalittico, ma nel “quasi” di quella frase ritroviamo lo spazio della nostra esistenza presente. Tutta da vivere. Siamo in tempo per lasciare il mondo migliore di quanto lo abbiamo trovato.
Fratel Ruggero Valentini
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