Ne hanno parlato a Trento il giornalista Luciano Scalettari e il presidente di Coopi, Claudio Ceravolo
Anticipatore, innovatore, propugnatore del protagonismo dei laici – in tempi in cui la solidarietà con i Paesi impoveriti riguardava solo i preti missionari – fino al punto di accettare, con dolore, per rispetto di questa fedeltà, di lasciare l'Ordine di appartenenza, i Gesuiti. Questo era padre Vincenzo Barbieri (1931-2010), fondatore di Coopi, una delle prime associazioni italiane di laici volontari, che festeggia 50 anni di vita. Anticipatore fin dal nome scelto per la sua organizzazione: “Cooperazione internazionale”, a sottolineare una relazione fondata non sul paternalismo di chi arriva per “aiutare”, ma sul riconoscimento dell'altro come pari.
Per parlare di padre Barbieri, uno dei protagonisti di primo piano della storia della cooperazione internazionale italiana, sono stati a Trento, nei giorni scorsi, per iniziativa di Coopi Trentino, Luciano Scalettari, giornalista di Famiglia Cristiana che dopo aver conosciuto per ragioni professionali padre Barbieri e la sua organizzazione, siede oggi nel suo consiglio di amministrazione, e Claudio Ceravolo, attuale presidente. L'occasione, la presentazione nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale del libro Ho solo seguito il vento (Emi, 2014, 14,00 euro), sulla vicenda umana di padre Barbieri.
Di fronte a un mondo “di ingiustizie, di miserie, di guerre, di odio, di ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri e sfruttati”, come scriveva nell'aprile 2009 – e sembrano parole scritte oggi, posto che semmai le ingiustizie si sono moltiplicate e le disuguaglianze allargate, come ci hanno detto le ultime edizioni del Festival dell'economia di Trento -, padre Barbieri si ostinava a credere (e invitava i suoi di Coopi, per primi, a crederci) “in un mondo diverso, più umano, un mondo con più uguaglianza tra gli uomini, con una spartizione più equa delle risorse della terra, in un clima di pace, serenità, vera fratellanza tra tutti i suoi abitanti”.
Ma chi era davvero padre Barbieri? Per molti milanesi – e Scalettari fu, almeno all'inizio, tra questi – l’immagine di padre Barbieri coincide con quella di un omone con una veste bianca fino ai piedi e la lunga barba semi-incolta, una croce sul petto e l'immancabile megafono in mano che si presentava davanti ai teatri della “Milano bene” incitando i suoi concittadini a donare “Mille lire per sfamare un bambino”. Così lo conobbe appunto anche Scalettari: “Ricordo la prima volta che vidi Vincenzo Barbieri davanti al Teatro Smeraldo di Milano. 'E chi è quello? Un barbone vestito da Hare Krishna?', pensai”. In pochi sapevano che quello strano sacerdote che, fino alla sua scomparsa nel dicembre 2010, andava ancora raccogliendo fondi con una cassettina a tracolla, era uno dei padri della cooperazione internazionale italiana. Oggi la sua creatura, Coopi, è una organizzazione non governativa che opera in 21 Paesi in Africa, America Latina e Medio Oriente, con 194 progetti di emergenza e sviluppo e interventi nel Sud del mondo per oltre 41 milioni di euro all’anno.
“Oggi parliamo di cooperazione comunitaria, Barbieri parlava di 'mano nella mano', ma in fondo era la stessa cosa: lui giocava tutto sul rapporto tra persona e persona”, spiegava Claudio Ceravolo. Quel “lavorare mano nella mano” è stato sostituito dal termine “partnership”: significa creare relazioni e stabilire legami, alla pari; solo così la cooperazione può far crescere e sviluppare le comunità locali.
L’intuizione di Vincenzo Barbieri di aprire ai laici italiani il volontariato internazionale, sull'onda del Concilio Vaticano II, spianò la strada a una nuova forma di intervento nei Paesi di quello che allora veniva chiamato Terzo Mondo. Coopi, con la sua travagliata fondazione ben bilanciata dal travolgente entusiasmo incontrato, costituisce un’esperienza di successo nel panorama del variegato terzo settore italiano. E la sua storia è ben raccontata nel libro di Scalettari e Ceravolo attraverso le lettere di Barbieri e la testimonianza dei suoi principali collaboratori.
Quel seguire “soltanto il vento”, a ben vedere, era un modo per prendere le distanze dal rischio di farsi tentare da approcci caritatevoli e paternalistici, che potevano facilmente scivolare in forme di neocolonialismo, per seguire piuttosto quello che suggeriva il comune sentire in materia di guerre, povertà, ineguale distribuzione delle risorse. Problemi vecchi come il mondo, per i quali ancora nessuna soluzione è stata individuata come sicuramente efficace. Barbieri e Coopi risposero tenendo sempre conto dell'importanza del cooperare insieme con i beneficiari in loco. Le modalità di reperimento dei fondi, la progettazione dell’intervento, la forma dell’organizzazione possono essere diversamente strutturate, legittimamente, ma per Coopi e per il suo fondatore fondamentale è stato sempre tenere conto dell'altro, persona o realta con la quale collaborare da pari a pari.
A distanza di 50 anni dalla fondazione di Coopi, l’eredità di padre Barbieri può essere riassunta in quel suo dire che “i guai degli altri non sono così lontani da noi”, sia che li incontriamo al di là dei mari o delle frontiere nazionali, sia che li affrontiamo nelle periferie delle nostre città, dove creano esclusione e povertà (come padre Barbieri denunciava, ancora una volta con inspiegabile preveggenza, scandalizzandosi per lo spreco alimentare, per il cibo buttato: ed era il 2002).
L'ultima immagine che padre Barbieri ci consegna di sé è quella di un uomo stanco e malato capace ancora di spendersi generosamente per gli altri. Nel 2010, l'anno della morte, per la campagna di Coopi “Io non me ne frego”, fu in prima persona accanto ai giovani volontari dei gruppi di appoggio di Coopi che indossate magliette nere o rosse con stampato a caratteri cubitali lo slogan della campagna si presentavano nelle piazze, nei mercati, davanti ai teatri per ricordare tragedie e ingiustizie che affliggono il mondo. A dirci, con la sua presenza, come molti anni prima davanti ai teatri milanesi, che la lotta per la giustizia sociale è una missione nella quale ognuno può spendersi, partecipando in prima persona alle vicende del mondo e piantando semi di giustizia.
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