La bella, lunga avventura del Mo.jo.ca in Guatemala nata dalla felice intuizione di Gerard Lutte
Nel Guatemala uscito da una repressione terribile – un genocidio, soprattutto per gli indios di origine maya – che ha lasciato moltissime ferite nell’animo delle persone e soprattutto dei più giovani, la presenza del Mo.jo.ca (Movimiento jovenes de la calle – Movimento dei giovani della strada), fondato nel 1994 in Guatemala da Gerard Lutte, per tanti anni docente di Psicologia dell’età evolutiva alla Sapienza di Roma, ha rappresentato un’autentica novità: non tanto dal punto di vista quantitativo – una goccia nel mare delle necessità più impellenti – quanto piuttosto per la qualità dell’intervento educativo che oggi anche il Governo democratico guarda come ad un modello virtuoso ed efficace per il recupero e il reinserimento sociale della gioventù sbandata perché abbandonata.
Tutto è partito dal basso, con Gerard Lutte che si è fatto presente in uno dei quartieri più emarginati di Città del Guatemala e ha cominciato a parlare con las muchachas y los muchachos che incontrava, stando con loro, ascoltandoli, cercando di capire i loro problemi e bisogni più immediati. Il fatto di essere abbandonati a se stessi, senza nessuno, costretti a vivere di piccoli espedienti per sopravvivere, dormendo per la strada, la calle, e vivendo assieme per farsi compagnia e fuggire la più nera solitudine. Così poco a poco, con l’aiuto di amici non solo italiani, ma anche belgi (Lutte è di origine belga) e spagnoli si è trovata una piccola abitazione dove questi giovani potevano trovare riparo, un posto dove mangiare qualcosa, stare insieme. E’ da qui che nasce la metodologia educatrice del Mo.jo.ca: tutto parte dalle ragazze e dai ragazzi stessi che individuano nella propria persona le capacità per uscire da una condizione di disagio ed emarginazione e diventare così attori e protagonisti del proprio destino. E’ l’amistad, l’amicizia, il fulcro di tutto, la forza da cui ricominciare, immaginando una vita diversa e migliore. Da soli si combina poco o niente, insieme si può cambiare la propria vita. Una scoperta che non viene fatta in astratto, ma giorno per giorno, con graduale consapevolezza – contraddizioni anche – arretramenti, ripartenze.
Su questo Gerard Lutte fonda quella che chiama l’educazione liberatrice che nasce proprio dal fatto che le ragazze e i ragazzi (e nelle ragazze riconosce le persone più sfruttate e oppresse, doppiamente messe ai margini, e quindi quelle bisognose di maggiori cure e attenzione, quelle che sono anche più sollecite a reagire e cambiare) non solo sono amati e protetti, ma sentono loro stessi di sentirsi attorniati da un clima di benevolenza, dedizione e fiducia.
In ciò il pedagogista Lutte non ha mai abbandonato la sua vocazione salesiana fatta di amorevolezza, mitezza d’animo, intransigenza negli obiettivi da raggiungere nella difesa dei più deboli (quanti viaggi dall’Italia al Guatemala in questi anni!).
Oggi il Mo.jo.ca può contare su decine di educatori sul posto e qualche centinaio di sostenitori un po’ in tutta Europa. Le case di accoglienza si sono moltiplicate e le ragazze e i ragazzi seguiti sono sempre più numerosi. Sono sorti laboratori di falegnameria, di meccanica; per le ragazze, piccole sartorie dove poter conoscere e proseguire le tradizioni delle lavorazioni dei tessuti dai colori sgargianti e vivissimi proprie dei maya. Hanno frequentato corsi di studio, cosa prima inimmaginabile. Le piccole scuole del Mo.jo.ca sono riconosciute dal Ministero dell’Istruzione guatemalteco.
Questi giovani hanno sperimentato nella propria vita cosa vuol dire trasformarsi, diventare persone “nuove”, non più ricacciati nella tristezza dell’abbandono ad annusare la micidiale colla e altre droghe, a vivere di piccoli espedienti per sopravvivere sempre braccati dalla polizie e dai vigilantes privati, ma restituiti ai loro innocenti sorrisi, alla riscoperta della bellezza dell’animo umano, dell’incanto e della bontà.
Per quelli che hanno maturato un certo percorso si apre la strada dell’autonomia personale e familiare, un lavoro semplice ma che assicura decoro e dignità. Sono diverse le coppie di giovani che si sono conosciute nei centri del Mo.jo.ca. Ogni tanto tornano a trovare gli amici e Gerard, ormai anziano, ma sempre un vulcano di iniziative, mai domo. Non è solo riconoscenza. E’ l’amistad, l’amicizia, che continua.
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