Il dramma delle gravidanze tra adolescenti. Per prevenirle, puntare su istruzione gratuita e trattamenti sanitari inclusivi
A leggere l’ultimo rapporto dell’Unfpa (2013), il Fondo dell’Onu per la popolazione, rilanciato e diffuso in Italia dall’Associazione italiana donne per lo sviluppo (Aidos) c’è da rimanere sconcertati. Sono per lo più piccole storie di bambine e adolescenti costrette anzitempo a fare passi obbligati che determinano poi spesso in modo irreversibile il futuro delle loro singole vite nel segno della coattività.
Marcela ha 18 anni, è salvadoregna: “Ho iniziato a convivere a 14 anni e a 15 avevo un bambino, non sapevo che fare. Ho smesso di studiare”. Affouè è della Costa d’Avorio: “Ho 13 anni e sono incinta. Ora non vado più a scuola perché le ragazze nella mia condizione non le accettano”. Clarisse di anni ne ha 17 ed è del Ciad: “A 14 anni mi hanno sposato ad un uomo che ha tre volte la mia età. Sono fuggita e mi hanno ripreso. Poi ho partorito e sono riscappata…”.
Dallo Yemen giungono storie di ancor più grave costrizione. Come quella di Rawan che viveva ad Hardh, provincia nordoccidentale, ed è morta dopo essere stata data in sposa ad un uomo molto più anziano di lei. Rawan aveva solo 8 anni. Secondo un rapporto di Human Rights Watch più della metà delle donne yemenite è costretta a sposarsi prima di aver compiuto i 18 anni.
Come è facile intuire sono soprattutto le famiglie più povere e indifese che accondiscendono a questi matrimoni forzati. Con conseguenze devastanti. Perché queste bambine e queste ragazze perdono in modo quasi sempre definitivo la possibilità di studiare e di frequentare la scuola e cominciano subito ad entrare nel ciclo perverso di un lavoro costretto di accudimento della casa e delle faccende domestiche, schiave al servizio di un marito padre padrone.
E’ il contesto di povertà che occorre cominciare a sradicare. Non si sta certo inerti e ci sono degli esempi virtuosi: il rapporto dell’Agenzia dell’Onu non si limita alla denuncia, pur doverosa, ma cerca di approfondire anche situazioni in cui si sono registrati significativi miglioramenti delle condizioni di vita delle ragazze e si mette in luce che la politica vincente è quella che sa affrontare il contesto in cui vivono. Istruzione gratuita. Trattamenti sanitari almeno decenti e inclusivi. Come non si stanca di ripetere la giovane pakistana Malala, l’istruzione è la chiave di tutto. Non mancano poi i gruppi e le associazioni di donne che sempre di più prendono consapevolezza di queste diffuse ingiustizie e si organizzano premendo sulle istituzioni perché siano i contesti legislativi e le convenzioni sociali a cambiare, non vengano più tollerate pratiche di palese contrasto con l’uguaglianza tra i sessi. Come insiste Graca Machel, la moglie di Nelson Mandela: “Le tradizioni sono fatte dalle persone e noi possiamo cambiare”.
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