L’analisi impietosa di padre Alex Zanotelli, a chiusura del ciclo di incontri promosso dai Comboniani
“Il coraggio della speranza nell’Africa di oggi interpella l’Europa”. Quanto mai appropriata la serata con padre Alex Zanotelli venerdì 23 maggio all’Auditorium dei Salesiani a Trento, a chiusura del ciclo di quattro incontri proposti dai missionari comboniani in occasione dei 10 anni dalla canonizzazione del loro fondatore, e caduta proprio in concomitanza con il voto europeo, ma anche alla vigilia del Festival dell’Economia. “Ma non c’è un’altra economia, un’altra finanza, un’altra Europa?”, si è chiesto il missionario comboniano che ora opera in un quartiere napoletano difficile dopo anni intensi vissuti nella baraccopoli di Korogocho alla periferia di Nairobi.
Padre Alex ha ripreso la felice intuizione di Daniele Comboni: “Salvare l’Africa con gli africani”. E ha insistito sulla necessità di ripensare al suo carisma, che aveva messo in luce l’impellenza di mettere insieme tutte le forze per dare davvero la possibilità agli africani di rimettersi in piedi.
A 50 anni dall’espulsione dei missionari dal Sud Sudan che sembrava preludio ad una uscita definitiva, a una sconfitta, e che in realtà ha creato nuove possibilità per la missione, Zanotelli ha voluto ricordare il dramma attuale del Sud Sudan, lo stato più giovane, nato solo 2 anni fa – dramma sottaciuto e dimenticato dai mass media internazionali -, che negli ultimi mesi di guerra spaventosa ha portato alla distruzione città, disperso popolazioni, azzerato quella che era la nazione che aveva suscitato tante aspettative in un’Africa diversa e migliore. E in questo disastro, anche la tragedia dei popoli Nuba – con cui p. Alex aveva iniziato la sua esperienza missionaria tanti anni fa – oggi bombardati dal regime di Karthum senza che il mondo sappia niente o faccia qualcosa per loro.
P. Zanotelli è appassionato nel suo parlare: l’Africa è il suo mondo, il sentimento della sua vita. Si è chiesto, non senza un senso di dolore: che cos’è l’Africa? “E’ la nostra madre!”. Infatti tutti noi, come discendenti dell’homo sapiens, veniamo dall’Africa, le civiltà e le culture sono nate in Africa. La civiltà africana ha toccato punti alti di sapienza e di convivenza. Poi, nel corso dei secoli, quell’esperienza di sofferenza collettiva immane che ha riguardato milioni di persone che è stato lo schiavismo. Almeno 10 milioni “portati” come forza-lavoro gratuita nel “Nuovo mondo” e altrettanti verso Oriente. Un’esperienza traumatica che ha ingenerato una ferita profonda che rimane nei secoli e si perpetua nel trascorrere delle generazioni (l’analisi lucida e dolente di Alex Zanotelli è anche una disamina storica che pochi libri riportano). Una ferita ancestrale che si manifesta in “un disprezzo per se stessi”, in un rifiuto, quella che è stata chiamata la “povertà antropologica”. E così quando a metà dell’Ottocento finisce la schiavitù, con il Congresso di Berlino, nasce il colonialismo, la spartizione dell’Africa tra le potenze europee. Anche il “nostro” colonialismo, con i libici impiccati e fucilati, almeno centomila, e con gli etiopi in fuga sterminati col gas nervino.
Quella di padre Zanotelli non è una ricostruzione storica fine a se stessa. Al contrario vuole dimostrare un continuum storico, con altri mezzi, per conseguire lo stesso fine: la subordinazione di un continente che pare condannato alla soggezione e allo sfruttamento ancora oggi. E’ il neoliberismo l’espressione attuale dello sfruttamento. E non a caso l’Economist definisce le nuove economie africane che crescono al ritmo del 5% annuo i “leoni africani” (ricordate le “tigri asiatiche”?). Ma chi cresce davvero, si è chiesto p. Alex? “Pochi, pochissimi straricchi. A dispetto di milioni di persone condannate all’impoverimento!”. E ha parlato di “baraccopolizzazione” del continente, se è vero che si prevede che nei prossimi anni ci saranno 100 milioni di baraccati. E poi le guerre e le dittature come quella eritrea, una delle più spietate. Dove i giovani scappano a centinaia. Come dalla Siria (2 milioni di profughi!) da dove arrivano barconi stracolmi persino di ragazzi e bambini. E l’Europa come si comporta? Come una fortezza assediata che non ne vuol sapere. Dall’homo sapiens all’homo demens.
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