La situazione nelle Filippine in questo momento è piuttosto preoccupante. Il Congresso Mariano dedicato al Giubileo della Madre del Perpetuo Soccorso, che si è aperto lo scorso 16 febbraio a Cebu city nel santuario tenuto dai Padri Redentoristi, non ha trattato solo tematiche di taglio spirituale: si è parlato anche di temi sociali come la campagna del governo nazionale contro la droga, che ha fatto oltre 7.600 vittime in sei mesi, occupando le prime pagine dei giornali e dividendo la Chiesa cattolica e il governo del Presidente Rodrigo Duterte. Fin dall'inizio della sua campagna presidenziale (le elezioni si sono svolte nel maggio 2016), Duterte e la Chiesa filippina, che ha un grande peso nella vita pubblica del Paese, hanno avuto un rapporto molto conflittuale.
Dopo le elezioni si è messa in moto una “guerra alla droga” spietata. Il Presidente Duterte ha deciso di eliminare, facendoli ammazzare senza pietà, sia i consumatori che gli spacciatori. A questo scopo ha garantito impunità alla polizia, ma si sono formati anche gruppi di “vigilantes” (civili armati per proteggere “l’ordine”), che già erano molto forti durante gli anni della dittatura. Molti ritengono che le cifre siano più elevate, rispetto ai 7.600 morti indicati dai giornali. Si spara a vista sui sospetti, senza verificare se siano colpevoli o no. Ogni circoscrizione è “invitata” a dare la lista di spacciatori e consumatori, e chi si rifiuta viene fatto fuori, perché messo nella lista dei “sospetti”. Ci sono dei veri “eroi” in questo campo, che hanno voluto proteggere la loro gente ed hanno pagato con la vita.
Questo sistema dà modo di coprire omicidi per vendetta personale o altri risentimenti privati. Si è scoperto che molti killer sono stati assoldati per sparare a vista. Un testimone afferma: “Nella stazione centrale di polizia è stato eliminato brutalmente un cittadino coreano, dopo aver ricevuto un riscatto! L’impunità promessa dà il via ad ogni genere di aberrazioni”.
Il Presidente Duterte vuole anche re-introdurre la pena di morte. La legge è discussa alle Camere in questi giorni. Attivisti per i diritti umani e molti religiosi sono andati a far presenza alla Camera dove si discute la proposta di legge, per “richiamare le coscienze”. I Vescovi delle Filippine riuniti in Assemblea hanno preparato una lettera da leggere in tutte le parrocchie, molto ben espressa, che richiama ai valori cristiani di fondo. Ma le esecuzioni sommarie dei presunti criminali proseguono con l’approvazione di oltre il 70% dei Filippini, osserva all'Agenzia Fides p. Shay Cullen, missionario irlandese, fondatore e direttore della Fondazione “Preda” che si occupa di numerose opere sociali sociale, in favore di minori abbandonati, donne sfruttate, tossicodipendenti. Il missionario nota con preoccupazione che "tale fenomeno, già ampiamente denunciato dalle Ong nei mesi scorsi, non sembra fermarsi in nessun modo: è una pena di morte de facto, senza bisogno di una legge sulla pena capitale o di lunghi processi nei tribunali”.
Si calpestano i diritti umani di cui la Chiesa si fa portavoce, tanto che la Commissario per i Diritti Umani è accusata di connivenza col commercio della droga. Donna forte e coraggiosa, finora ha resistito, ma ora gira la voce che sarà messa in prigione presto.
Intanto chi perde il lavoro non riesce più a trovarne. Duterte ha tagliato molti legami con gli Stati Uniti e apre a Cina, Russia e Giappone.
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