Summit I.A., apocalittici o integrati?

Forze dell’ordine in città in vista del G7 sull’Intelligenza Artificiale

Il blindatissimo summit dei Ministri all’innovazione convocati venerdì a Trento dai Paesi del G7 merita attenzione – prima che per la vicinanza fisica – perché pone all’ordine del giorno l’Intelligenza Artificiale (I.A.) Non è un tema di moda, ma “il” tema di questi anni.

Non solo perché l’Intelligenza Artificiale è ormai una presenza tanto misteriosa quanto invasiva, onnipresente in mille discorsi, al bar come in un ambulatorio medico.

Se è vero che la sigla I.A. (Artificial Intelligence) ci arriva spesso troppo generica e quindi insignificante, possiamo però fare utile riferimento a questo termine, “ormai entrato nel linguaggio comune – come ha notato papa Francesco nel suo ultimo messaggio per la Giornata della Pace – che abbraccia una varietà di scienze, teorie e tecniche volte a far sì che le macchine riproducano o imitino, nel loro funzionamento, le capacità cognitive degli esseri umani”.

Ecco l’urgenza, l’interdisciplinarietà e la pervasività di questa problematica – l’applicazione dell’innovazione tecnologica in ogni ambito dell’umano o, come qualcuno già teorizza, del post-umano – sulla quale la nostra Diocesi punta l’attenzione nella 15a edizione della “Cattedra del Confronto” in corso a Trento con un titolo minacciosamente provocatorio: “Sarete come dei. L’essere umano costruttore di se stesso”.

Come notava nell’incontro di lunedì scorso il Cancelliere dell’Accademia per la Vita, mons. Renzo Pegoraro (si veda l’ampia sintesi a pag.10), siamo arrivati ormai ad un confronto necessario e pressante nel momento in cui la quotidiana applicazione delle biotecnologie richiede regolamentazioni e principi di riferimento che possano far convergere e orientare l’opinione pubblica, i decisori politici e anche le potenze economiche: è proprio quanto sono chiamati ad approfondire i Ministri del G7 nell’incontro di Trento e in altri summit che preparano il vero e proprio summit fra i leader del G7 in Puglia nel prossimo mese di giugno.

Mons. Pegoraro, dall’alto del suo osservatorio mondiale, registrava attorno all’Intelligenza Artificiale una contrapposizione radicata, senza troppe sfumature, fra quanti si dicono spaventati e rassegnati davanti al potere onnivoro delle nuove possibilità tecnologiche e dalle acquisizioni scientifiche e quanti invece vi guardano con entusiasmo illimitato, sorretto dalla fiducia nella responsabilità dell’homo faber.

Niente di nuovo sotto il sole, dirà qualcuno, dal momento che questa polarizzazione sembra insita nella storia e nella psicologia sociale. Viene da recuperare una delle definizioni più fortunate del profetico semiologo Umberto Eco che divise in due categorie gli studiosi rispetto alla loro posizione di fronte all’esplosione degli strumenti di comunicazione di massa: “Apocalittici e integrati”, come recitava il libro del saggio uscito esattamente 60 anni fa (un anniversario da celebrare!). Anche di fronte al futuro segnato dalle varie forme di Intelligenza Artificiale si va creando il partito degli apocalittici – chiusi in una rassegnata passività davanti alla catastrofe inevitabile – e quello degli integrati che nella loro esaltazione delle conquiste scientifiche non si preoccupano di valutarne le implicazioni etiche e le ricadute sociali o geopolitiche.

Più che schierarci dobbiamo informarci, confrontarci e far sentire le nostre decisioni, anche quelle individuali. Se c’è un limite nel Summit trentino di venerdì 15 marzo è proprio quello che non sono previsti nemmeno simbolici incontri con la popolazione, “il grande assente sarà il popolo, la società” – come ha denunciato sul Corriere della Sera, Antonio Palmieri, osservando che “ognuno di noi è decisivo nel senso che può decidere se e come usare le tecnologie. È un senza potere che ha un potere immenso” nel momento in cui potrà dire la sua nelle trasformazioni in corso nel lavoro, nella salute, nell’istruzione, nella comunicazione. “La politica deve ribadire – scrive Palmieri alla vigilia del Summit – che per quanto potente nessun algoritmo può fare il male o può essere usato per il bene senza la scelta dei singoli”.

Preme anche a noi ricordare che la Fondazione Bruno Kessler fin dagli anni Ottanta – quando ancora si chiamava Istituto Trentino di Cultura – aveva inaugurato un filone di ricerca nel campo della bioetica e delle biotecnologie in cui si sarebbe dovuto efficacemente fondere l’approccio umanistico e quello scientifico dell’ateneo e degli istituti di ricerca locali. Un progetto internazionale che era negli auspici di Bruno Kessler, Luigi Stringa, Antonio Autiero e Lorenzo Dellai ma che non si è sviluppato e che in questa occasione di notorietà internazionale si potrebbe almeno rilanciare, come ha scritto la consigliera provinciale Chiara Maule in un recente intervento su il T quotidiano.

Un ambito al quale guarda anche l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Romano Guardini” per un approccio alle sfide tecnologiche che parta dall’umanesimo integrale.

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