L’ALBA DEI “SUONI”
Le note di Mario Brunello e della Kremerata Baltica accompagnano un'alba capace di raccontare il legame ancestrale tra l'uomo, la fede e la musica
Quando gli archi della Kremerata Baltica cominciano a suonare tra l'erba di Prà Castron, ai piedi della Pietra Grande, l'alba non è altro che una sottile striscia di luce, persa da qualche parte verso le montagne del Trentino Orientale.
In una società dove siamo sempre più abituati a stabilire confini netti e rigorosi, quest'attesa dell'alba ci insegna che non esistono limiti precisi allo scorrere del tempo e della luce. Ci ricorda che la realtà è fatta di sfumature. La notte non conduce subito al giorno: prima c'è un tempo intermedio, dove il buio si dirada, il cielo si fa chiaro, ma non ancora azzurro. Intanto, mentre risuonano le note di Bach, le rocce e i prati sono a poco a poco sottratti all'oscurità, anche se non sono ancora nitidi. All'orizzonte si attende il sole, ma verso ovest si continua ad intravedere qualche stella. È un tempo immobile, e ad osservarlo da qui, all'ombra delle montagne, ci si sente quasi di troppo, come intrusi penetrati in un giardino segreto.
Se il silenzioso svolgersi dell'alba potesse avere una voce, è probabile che sarebbe quella della musica; una voce che non rompe il silenzio, ma sembra quasi farlo risuonare. Se è vero che nel rumore corriamo il rischio di dimenticare il silenzio, la musica può forse aiutarci ad ascoltarlo meglio.
Da oriente la luce del sole illumina ormai le cime del Brenta, e discende a poco a poco lungo le pareti rocciose, rischiarandone i volti. Mentre si rivela l'infinita varietà della natura, la musica risponde con la varietà dei suoni, dei ritmi, dei timbri, delle melodie. Seduto sull'erba, avvolto nelle giacche, raccolto a piccoli gruppi sui prati scoscesi come personaggi di un dipinto, il pubblico ascolta.
Al momento di suonare la Louange a l’eternité de Jesus di Messiaen, brano scritto in un campo per prigionieri in Germania durante l'inverno del 1940, la Pietra Grande è pienamente illuminata. La voce del violoncello si apre in un declamato lento, che pare raccogliere in sé tutta la silenziosa tensione di questa attesa dell'alba. E come la montagna alza verso il cielo ormai azzurro il suo canto pietrificato nel tempo, la musica rivela ancora una volta «che viviamo in un mondo immenso e meraviglioso, un mondo che ci è stato donato» (John Coltrane).
Raffaele Ballardini
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