Il suo violoncello non teme i dislivelli: ha battuto tanti sentieri di montagna e fatto vibrare le sue corde su prati e rocce d'alta quota. Ogni edizione Mario Brunello, “colonna” dei Suoni delle Dolomiti, di cui ora è anche uno dei direttori artistici, cerca di offrire qualcosa in più oltre alla sua grande musica. Quest'anno a Campiglio, insieme ai musicisti di Kremerata Baltica, ha portato a termine un tentativo piuttosto ben riuscito di una sorta di “festival nel festival”: una settimana di trekking e musica ad alta quota ma anche in valle, in rifugio, in teatro o in chiesa, che si è conclusa con l'alba a Pra Castron di Flavona: “Forse una delle più belle che io abbia vissuto ai Suoni delle Dolomiti”.
Maestro, negli anni ha duialogato con tanti ospiti, musicisti, scrittori, alpinisti… Quale dimensione aggiunge l'essere in quota? Cosa le piace dell'andare in montagna?
Mi piace che non sia un evento, una cosa speciale, 'una tantum', ma che diventi quotidiano, ancora più che normale. È nella normalità di una meraviglia, che possono avvenire le stesse cose che avvengono in casa, per le strade delle città, nei festival delle grandi capitali europee. Scrittori, musicisti, scalatori parlano dei loro saperi in dialogo con la musica e le meraviglie delle cime, i silenzi, l'aria, le imprese che ogni persona realizza per arrivare dove può arrivare.
Un dono per chi ascolta, ma anche per chi suona…
Per un musicista è un grande arricchimento essere a tu per tu con questi grandi spazi e il proprio strumento, senza avere l'aiuto di un teatro o un auditorium. Lì sei da solo con il tuo suono a riempire quegli spazi meravigliosi.
Maestro, la ritroveremo ai Suoni del 2018?
Dopo 23 anni è qualcosa che fa parte del mio vivere la musica, perciò… non mi pongo neanche la domanda.
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