31 marzo 2024 – Domenica di Pasqua B
At 10,34.37-43; 1Cor 5,6-8 (oppure Col 3,1-4); Mc 16,1-8
«Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato». 1Cor 5,7
Nel 55 d.C. o forse nel 57, mentre soggiorna ad Efeso, l’apostolo Paolo scrive alla comunità di Corinto, da lui evangelizzata nel 50-51 d.C. Scrive proprio a ridosso della Pasqua. Sono passati circa 25 anni dal fatto storico della morte e risurrezione di Gesù. La Pasqua di Gesù è ormai un punto fermo nel calendario dei primi cristiani, proprio come sta diventando un punto fermo la Pasqua settimanale, la domenica, «il giorno del Signore». Non è più l’agnello ad essere immolato nelle famiglie cristiane, nelle «chiese domestiche» nelle quali si radunano le piccole comunità. Si fa invece memoria della Pasqua di Cristo, della passione, morte e risurrezione di Gesù di Nazareth.
Il Mediterraneo è sempre più attraversato da evangelizzatori itineranti. Provengono dalle categorie più disparate: mercanti, schiavi, soldati, lavoratori di ogni tipo, intellettuali e gente priva di istruzione. Anche le lingue cominciano ad essere più d’una, all’inizio si usa l’aramaico (la lingua di Gesù) e un po’ di ebraico per leggere le Scritture, poi prevale rapidamente il greco, alcuni cristiani parlano già il latino. Gente di ogni popolo sta entrando in contatto con una storia straordinaria, narrata dai primi apostoli e ripresa fedelmente dai loro discepoli attraverso una catena di passaparola che fa prevedere una diffusione a macchia d’olio della nuova fede.
Sono passati circa 25 anni dal mattino nel quale le donne si son sentite dire: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: «Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto»” (Mc 16,6-7). Sono passati una ventina d’anni anche dal primo annuncio del Vangelo, da parte di Pietro, a una famiglia pagana: «Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio» (At 10,39-42).
Come ci ha ricordato anche papa Francesco, che dell’apostolo Pietro è l’attuale successore: «L’annuncio di Pasqua racchiude in poche parole un avvenimento che dona la speranza che non delude: “Gesù, il crocifisso, è risorto”. Non ci parla di angeli o di fantasmi, ma di un uomo, un uomo in carne e ossa, con un volto e un nome: Gesù. Il Vangelo attesta che questo Gesù, crocifisso sotto Ponzio Pilato per aver detto di essere il Cristo, il Figlio di Dio, il terzo giorno è risorto, secondo le Scritture e come Egli stesso aveva predetto ai suoi discepoli» (Papa Francesco, Urbi et Orbi, 4 aprile 2021). Questo annuncio raggiunge oggi con la stessa freschezza e la stessa sconvolgente novità della prima domenica di Pasqua anche ciascuno di noi. E domanda anche a noi di diventare testimoni prescelti della risurrezione di Cristo nei nostri ambienti di vita e di lavoro
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