Roberta Scaramuzza, 48 anni di Lavis, è mamma di due figli e volontaria a tempo pieno. Una carriera da educatrice, lascia il lavoro per dedicarsi alla famiglia e alle sue più grandi passioni, la lettura, lo yoga, che pratica quasi quotidianamente, e la cucina. La sua storia è stata raccolta dall’Ufficio stampa del Comune di Trento per la campagna “Gente felice”, lanciata in occasione di Trento capitale europea e italiana del volontariato 2024.
Com’è strutturata la sua associazione? Da quanti anni esiste?
Nati per leggere è un progetto nato nel 1999 da bibliotecari e pediatri per promuovere la lettura ad alta voce. Vi collaborano numerosi volontari che lo diffondono su tutto il territorio nazionale. La formazione è per noi molto importante, seguiamo un corso prima di cominciare e ci aggiorniamo ogni anno.
Da quanto tempo fa volontariato con Nati per leggere? Come ha iniziato?
Ho iniziato dieci anni fa senza conoscere tutte le potenzialità del programma, incuriosita dal progetto e spinta dalla mia passione per la lettura e dal fascino che le biblioteche hanno sempre esercitato su di me. Quando ho capito di cosa si trattava, mi sono molto entusiasmata, pensando che mi sarebbe piaciuto partecipare all’iniziativa insieme ai miei figli quando erano piccoli. A questa attività affianco poi il mio impegno come animatrice all’oratorio, seguendo il gruppo giovani delle medie a cui proponiamo diverse attività, e, da un anno, anche il progetto Nati per la musica.
Dove fa la volontaria? Di cosa si occupa precisamente?
Svolgo le mie attività principalmente nelle biblioteche della Piana Rotaliana, ma se c’è bisogno in qualche altra biblioteca mi sposto. Sono due le attività che svolgiamo: le letture di gruppo con i bambini e poi Coccola di storia, pensata per un singolo nucleo familiare. È rivolta a bambini molto piccoli che hanno ancora bisogno della figura di riferimento e vengono accompagnati da un genitore o anche dai nonni. È bellissimo vedere come il libro passa dalle nostre mani a quelle dei genitori, è un’azione che dimostra il beneficio tangibile della lettura ad alta voce che permette di creare un legame profondo tra adulto e bambino, fatto di sguardi, sorrisi e abbracci.
Ci può raccontare di un episodio significativo avvenuto durante la sua attività di volontariato?
Sono due in verità. Prima che scoppiasse la pandemia, eravamo presenti anche al pronto soccorso di Trento e all’ambulatorio pediatrico di Lavis, dove una volta un bambino è entrato piangendo spaventato per la visita. Mentre usciva, però, ancora con gli occhi umidi, mi ha chiesto come finiva la storia. L’altra cosa che mi ha colpito molto invece riguarda i ragazzi un po’ più grandi, che arrivano in sala d’attesa guardando il cellulare, ma che quando vedono i libri ripongono il telefonino e li iniziano a sfogliare sorridendo.
Cosa le dà il fatto di impiegare il suo tempo per un’attività del tutto gratuita?
Il mio ritorno è una grandissima ricchezza, gioia pura. Tutto quello che dono torna indietro e mi arricchisce a livello personale.
La sua vita è cambiata da quando ha iniziato a fare volontariato?
Quando torno a casa, i miei figli si accorgono che sono felice. Coltivo le mie passioni e con il volontariato posso trasmettere questo amore ai genitori che incontro, consigliando letture, incoraggiandoli a mettersi in gioco.
Le vite di tutti sono sempre più frenetiche: come fa a trovare il tempo?
Conciliando gli impegni e la famiglia, individuando le priorità e dedicando a ogni cosa il giusto tempo. È importante anche sapersi dare dei limiti, perché quando si ama qualcosa non si smetterebbe mai. E io tengo molto alle attività di volontariato che svolgo.
Ha qualche richiesta, qualche suggerimento per aiutare i volontari del suo settore?
Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia di volontari. Mia mamma e mio papà sono sempre stati attivi, mio fratello è vigile del fuoco volontario, ma penso a chi cresce in contesti dove l’associazionismo è meno sentito. È importante sensibilizzare gli ambienti in cui il volontariato non è di casa e promuovere la formazione continua dei volontari, che non possono improvvisarsi. L’associazione deve essere sempre al loro fianco.
Pensa che il volontariato l’abbia fatta diventare più consapevole?
Sì, mi sento parte di una comunità piena di valori positivi. Il tempo che dono molto spesso non lo vivo come un impegno, a volte non mi rendo nemmeno conto del tempo che passa.
Fare volontariato la rende felice perché…
Mi arricchisce e mi permette di conoscere il lato umano delle persone. Mi fa crescere e stare bene.
Mi può dare dei contatti per la sua associazione per chi fosse interessato a farne parte?
Consiglierei innanzitutto di chiedere alla propria biblioteca e controllare gli avvisi relativi ai corsi di formazione, ma si possono contattare anche i volontari della zona e consultare il sito web.
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