“Mons. Nicolini diventi patrimonio della città”

Il tavolo dei relatori a palazzo Geremia (foto Ufficio Stampa Comune di Trento)

Dopo aver allestito a palazzo Geremia un’interessante mostra sul vescovo originario di Villazzano che salvò oltre 300 ebrei, il Comune di Trento ha promosso questa mattina nella Gi0rnata della Memoria una riflessione attorno all’opera coraggiosa di mons. Giuseppe  Placido Nicolini (1877-1973) vescovo di Assisi dal 1928 per quasi cinquant’anni: “E’ bene che la sua testimonianza – ha sottolineato il sindaco Franco Ianeselli davanti ad un folto pubblico –  possa divenire ora, dopo tanti anni, come un patrimonio di tutta la città e dei trentini. Ci insegna come sia dovere di tutti riconoscere l’umanità dietro il volto di ogni persona”.

Questo sguardo del pastore tanto caro agli abitanti di Assisi era stato illustrato nella sua rievocazione dallo storico Mario Cossali, presidente dell’ANPI trentino, che ha evidenziato anche i rischi che la rete clandestina realizzata in tutta l’Umbria comportava per quanti erano coinvolti.

In dialogo con la giornalista Paola Siano e con il sindaco, anche l’arcivescovo Lauro Tisi ha sottolineato la magnanimità del vescovo ricordato con una piazza a Villazzano e l’attualità del suo impegno a favore delle persone perseguitate: “Le ricerche storiche documentano come Niccolini seppe tutelare l’identità ebraica, mettendo al riparo anche i libri religiosi degli ebrei – ha notato Tisi -. Saper lavorare per difendere l’identità religiosa di ogni persona è un messaggio molto attuale così come il suo tentativo di dialogare con i soldati nazisti per cercare di favorire quella mediazione che allora salvò molte vite e di cui nelle guerre di oggi sentiamo molto la mancanza”. Secondo Tisi, l’opera di Nicolini va interpretata nello spirito del  Buon Samaritano e richiama al nostro compito di “farsi prossimo ad ogni persona” senza chiedersi chi è il nostro prossimo.

Nella seconda parte della mattinata, sono state consegnate dal Commissario del Governo Filippo Santarelli otto medaglie alla memoria di otto militari italiani IMI, ritirate dai loro famigliari e dai sindaci dei loro Comuni, nel ricordo di tanti altri fatti prigionieri dai tedeschi. Catturati in patria o sui fronti di guerra all’estero dopo l’8 settembre 1943, a causa del loro rifiuto a combattere con i  nazisti hanno subito la deportazione nei lager e sono stati destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra.

Ecco l’elenco degli insigniti: Cornelio Cramerotti, internato militare in Slovenia e Germania dal 9 settembre 1943 al 13 aprile 1945. Ha ritirato la Medaglia d’onore il figlio Diego accompagnato dal sindaco di Trento Franco Ianeselli.

Vito Digiesi, internato militare in Germania dall’8 settembre 1943 al 13 agosto 1945, ha ritirato la Medaglia d’onore il figlio Francesco accompagnato dalla sindaca reggente di Rovereto Giulia Robol.

Alfonso Galazzini, internato militare in Germania dall’8 settembre 1943 al 25 maggio 1945. Ha ritirato la Medaglia d’onore il figlio Michele accompagnato dall’assessore del Comune di Porte di Rendena Alberto Valentini.

Guglielmo Girardi, internato militare in Germania dal 9 settembre ‘43 al 1° aprile ‘45. Ha ritirato la Medaglia d’onore il figlio Elio accompagnato dal sindaco di Trento.

Aldo Menardi, internato militare in Slovenia e in Germania dal 9 settembre 1943 al 30 aprile 1945. Ha ritirato la Medaglia d’onore il figlio Carlo accompagnato dalla sindaca reggente di Rovereto.

Tranquillo Orsingher, internato militare in Germania dal 9 settembre 1943 al 1° gennaio 1944. Ha ritirato la Medaglia d’onore il figlio Sisto accompagnato dal sindaco di Trento.

Bruno Pellegrini, internato militare in Germania dal 9 settembre 1943 al 12 ottobre 1945. Hanno ritirato la Medaglia d’onore le figlie Maria Grazia e Rita accompagnate dall’assessore del Comune di Riva del Garda Salvatore Mamone.

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