SOMMARIO: Intervista al regista di “Io sto con la sposa” Gabriele Del Grande
Milano. Un poeta palestinese siriano e un giornalista italiano incontrano cinque palestinesi e siriani sbarcati a Lampedusa in fuga dalla guerra. Decidono di aiutarli a proseguire il loro viaggio clandestino verso la Svezia. Con un espediente: un finto matrimonio coinvolgendo un'amica palestinese che si travestirà da sposa, e una decina di amici italiani e siriani che si travestiranno da invitati… E' l'esordio narrativo di “Io sto con la sposa”, docufilm candidato al David di cui si è parlato a radio Trentino in Blu nell'ultima puntata di “Cinema e Tv”, in collaborazione con l'Aiart trentina.
«Il nostro obiettivo – spiega, al microfono di Michela Grazzi, Gabriele Del Grande, uno dei tre registi (bella operazione di sinergia artistica) – era raccontare questa storia nel miglior modo possibile. Non voleva essere una mera documentazione, ma un film vero e proprio, per raggiungere con un linguaggio diverso un pubblico più ampio. E non solo gli addetti ai lavori o le persone più sensibili a questi temi. Mi pare proprio ci stiamo riuscendo. E va benissimo l'interesse suscitato, fra “Nastri d'Argento” e la chiamata al Festival di Venezia fuori concorso»
Il tema della frontiera è la chiave di lettura del film. Ritiene stia cambiando qualcosa su questo versante?
A livello politico non vedo cambiamenti da almeno vent'anni. Si continua a morire di viaggio. C'è bisogno di tutt'altre soluzioni. Non basta dividersi le quote. Bisogna dare un'alternativa legale e rompere il monopolio della mobilità che oggi hanno le mafie del contrabbando. Riscrivere le regole dei visti che danno le nostre ambasciate. Purtroppo questo non c'è, ma speriamo che il nostro film, anche grazie alla distribuzione contribuisca a spingere un po' più in là il dibattito su tali questioni.
Ora arrivate anche in Tv, su Sky sabato prossimo 13 giugno. La conferma che, politica a parte, l’interesse è davvero vasto?
In sala abbiamo avuto un risultato clamoroso con centocinquantamila spettatori in trecento città italiane. Ora anche sul piccolo schermo e speriamo così di raggiungere tanti italiani che finora non l'hanno visto. La politica ha mostrato un silenzio imbarazzante. Nessuno ci ha dato pacche sulle spalle ma nemmeno nessuno ci ha denunciato per la disobbedienza civile che sta alla base del film. Ovvero il fatto di aver portato di contrabbando cinque rifugiati siriani dall'Italia alla Svezia. Di fatto abbiamo favorito l'immigrazione clandestina. In verità qualche eurodeputato che ha mostrato interesse c'è. Ma quello che conta è la società civile: io mi trovo in Germania, a Lipsia, a un dibattito proprio a partire dal film. C'è un'Europa che osserva il fenomeno migrazione dal basso ed è stanca di contare morti in mare.
Sabato prossimo, in occasione della consegna dei David a cui siete candidati incontrerete anche il Capo dello Stato. Per dirgli che cosa?
Porteremo anche a lui il nostro messaggio di impegno politico per i diritti dei migranti. Sperando che veda il film, se già non l'ha fatto.
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