Il Trentino? Lo salveranno gli immigrati. A dirlo è l’articolato documento (chiamato“position paper”) presentato lunedì scorso all’assemblea degli industriali trentini, che disegna il futuro «Trentino 5.0». E lo fa a partire dalla constatazione che una delle sfide più importanti dei prossimi decenni è quella dell’inverno demografico: da qui al 2050 il Trentino avrà 30mila persone in meno in età lavorativa, con una perdita di Pil pari a 2,2 miliardi. Con concretezza, la strada indicata anche dagli industriali di casa nostra è una: quella dell’inclusione, da attuarsi con politiche lungimiranti e non certo improntate all’incasso immediato di un facile successo elettorale.
Per le valli trentine, si legge nel documento elaborato da Confindustria, il modello dovrà essere quello dell’accoglienza diffusa, per costruire fruttuosi percorsi di convivenza. Proprio quel modello, che si era rivelato vincente, che fu uno dei primi atti politici della Giunta Fugatti smantellare scientemente (perché non funzionale alla narrazione dello straniero clandestino invasore, che mette a rischio la sicurezza pubblica). E proprio all’opposto della direzione in cui vanno i recenti provvedimenti del governo nazionale, che punta invece alla concentrazione in grandi Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) regionali dei migranti fin qui giunti in Italia e di quelli che arriveranno, allungando fino a 18 mesi i tempi di permanenza. È la risposta alla presunta invasione.
Presunta, perché è vero che la pressione migratoria verso l’Italia nel 2023 si è fatta più intensa, con un numero di migranti sbarcati, nel periodo 1 gennaio – 19 settembre, quasi raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2022 (130.620 rispetto ai 68.283 del 2022, fonte Ministero dell’Interno): Lampedusa ne è l’epifenomeno in queste settimane, con la punta di quasi 5.000 migranti sbarcati nella sola giornata del 12 settembre.
Ma nonostante ciò l’Italia resta ben lontana dal podio delle emergenze, con ben 13 Paesi europei che registrano numeri superiori ai nostri: alle 62 mila richieste d’asilo fino a giugno registrate in Italia fanno da controcanto le 187 mila richieste d’asilo che pendono in Germania (il triplo, una ogni 447 abitanti, l’Italia una ogni 947), le 99 mila in Spagna e le 93 mila in Francia, fa notare la Rete antifascista. Stia tranquilla, la presidente Meloni, l’Italia è ben lontana dall’essere il campo profughi dell’Unione europea. Bastano questi numeri, come si vede, per smontare le campagne mediatiche mistificatorie che paventano “invasioni” per spaventare e condizionare l’opinione pubblica, come denunciano numerose associazioni e realtà attive nell’accoglienza in Regione (come l’Assemblea Antirazzista Trento, il Centro Pace ecologia e diritti umani di Rovereto, Liberalaparola, il Centro Sociale Bruno, Bozen Solidale), respingendo con forza “qualsiasi ipotesi di apertura di uno o più centri di detenzione amministrativa (o centri di espulsione) per le persone migranti senza titolo di soggiorno”, centri – affermano – “in cui qualsiasi diritto viene cancellato”, che oltre tutto sottraggono risorse “al welfare e ai progetti di inclusione sociale e di regolarizzazione che sono l’unica vera alternativa all’abbandono e alla segregazione razziale”.
Lo ribadiscono da tempo anche Caritas, Centro Astalli e il CNCA che si prepara a lanciare la Settimana dell’Accoglienza, ma che intanto ricordano la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato di domenica 24 settembre (si veda a pagina 17): occorre fare della migrazione un diritto davvero libero.
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