1° ottobre 2023 – XXVI Domenica TO A
Ez 18,25-28; Fil 2,1-11; Mt 21,28-32
«In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio». Mt 21 31
Tre domeniche fa il vangelo ci invitava ad attuare la correzione fraterna sapendo che le persone non sono imprigionate nei propri sbagli ma, con l’aiuto di Dio e dei fratelli, possono cambiare, convertirsi. Questa domenica la parola di Dio ritorna sull’argomento sottolineando due aspetti: che la persona è effettivamente libera e responsabile delle sue scelte, che ciò che uno fa vale più di ciò che uno dice.
Il primo aspetto viene sviluppato soprattutto dal profeta Ezechiele, che ha molto riflettuto sul rapporto che c’è tra morte e peccato, conversione e vita, così come ha molto riflettuto sia sulla responsabilità che ciascuno ha delle proprie azioni e scelte, sia sulla responsabilità che uno ha nei confronti del fratello che fa scelte sbagliate. Ezechiele ci fa scoprire che quando ci allontaniamo da Dio e da ciò che la sua Parola ci propone (questo significa peccare) cominciamo a morire, progressivamente, da un punto di vista esistenziale, morale e spirituale. Invece quando ci avviciniamo o riavviciniamo a Dio e ci rimettiamo in ascolto della sua Parola perché orienti tutta la nostra persona e la nostra vita (questo significa convertirsi) allora sperimentiamo in modo profondo e autentico cosa significa vivere. Devo tener sempre presente che sono una persona libera davanti al bene e davanti al male: sarò io il primo a portare le conseguenze dei miei sbagli e dei miei peccati, sarò io il primo a sperimentare i benefici di una conversione, di un cambiamento, di un ritorno a Dio. Questa conversione, per la parola di Dio, è realmente possibile: ecco perché è conveniente per me accogliere l’invito a cambiare quando sbaglio, ed ecco perché ho il dovere di correggere il fratello che sbaglia, altrimenti sarò corresponsabile del suo peccato, del suo vuoto esistenziale e della sua morte.
Coniugando la riflessione del vangelo con questo primo aspetto scopriamo poi che allontanarsi da Dio o avvicinarsi a Lui vuol dire accogliere o rifiutare la proposta di vita o di conversione che Dio mi fa nel momento in cui mi parla attraverso i suoi “profeti”, coloro che sono abilitati a parlare in suo nome. Mentre i pubblicani e le prostitute si sono resi disponibili ad accogliere l’invito a conversione sia di Giovanni Battista sia poi di Gesù di Nazareth, non hanno fatto altrettanto gli scribi e i farisei che hanno liquidato il Battista come indemoniato e Gesù come un mangione e un beone amico dei pubblicani e dei peccatori (cfr. Mt 11,18). Il Vangelo ci invita quindi al recupero di una religiosità effettiva, ad un reale e concreto rapporto con Gesù, ad un effettivo seguirlo facendo scelte di vita e azioni secondo il Vangelo, anche se magari il nostro vocabolario religioso non è completo, anche se le nostre conoscenze dottrinali sono limitate, anche se per tanto tempo non abbiamo saputo o potuto seguire il Signore.
Come ci ricorda san Francesco d’Assisi: “Sono uccisi dalla lettera coloro che desiderano sapere unicamente le sole parole… E sono vivificati dallo Spirito della divina lettera, coloro che ogni scienza che sanno e desiderano sapere, non l’attribuiscono a se stessi, ma la restituiscono con la parola e con l’esempio all’altissimo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene” (cfr. Amm VII: FF 156).
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