Papa Francesco ha incontrato un gruppo di 13 persone vittime di abusi da parte del clero portoghese nella serata di mercoledì 2 agosto. Un incontro che si è svolto “in un clima di intenso ascolto”, e che è durato più di un’ora, concludendosi poco dopo le 20.15, come ha reso noto la Sala stampa vaticana.
Il Papa ha ricevuto il gruppo nella Nunziatura apostolica di Lisbona, che è la sua residenza in questi giorni di GMG. Ad accompagnare le vittime c’erano anche alcuni rappresentanti delle istituzioni della Chiesa portoghese incaricate della tutela dei minori e nel contrasto agli abusi.
Nella mattina di giovedì 3 agosto, invece, il pontefice ha incontrato 15 giovani ucraini, accompagnati da Denys Kolada, consulente per il dialogo con le organizzazioni religiose presso il Governo ucraino. L’incontro è durato circa 30 minuti e, al termine, il Papa e i giovani hanno recitato il Padre Nostro, “con il pensiero rivolto alla martoriata ucraina”.
“Il Papa si è scusato davanti ai giovani, dicendo che non può fare qualcosa di più. Non può fare niente per risolvere questa situazione. Sono state parole sincere: non poter fare niente, non significa che il Papa stia fermo. Lui fa tantissimo e noi siamo molto riconoscenti. Prima di tutto della memoria e poi della preghiera, dell’aiuto umanitario della Santa Sede”. Lo ha detto all’agenzia Sir padre Roman Demush, vice capo dell’Ufficio della pastorale giovanile della Chiesa ucraina greco-cattolica, dopo l’incontro avuto questa mattina con Papa Francesco nella Nunziatura apostolica di Lisbona: “Era presente la famiglia di un sacerdote della Chiesa greco-cattolica ucraina. La signora Irena – ha raccontato padre Demush – ha portato i pezzi dei missili che sono caduti nella loro parrocchia, dicendo che questo è il mondo russo che distrugge le chiese, le case, le vite. Non sono solo pezzi di ferro, sono i segni di migliaia di morti ingiustamente”.
“Il Santo Padre ha ascoltato con grande attenzione la loro testimonianza: diverse volte ci siamo messi a piangere, diverse volte ci siamo fermati perché era impossibile proseguire. Il racconto di chi è dovuto fuggire, di chi ha dovuto seppellire i familiari, di chi è terrorizzato. Abbiamo pianto, abbiamo pregato, ma ci sono stati anche momenti belli che abbiamo condiviso con il Papa”, ha concluso il sacerdote ucraino: “È stata una mensa: come segno di questo incontro, abbiamo portato a Sua Santità un pane con il grano e l’acqua del santuario di Zarvanytsia. In Ucraina si può morire, non solamente dalle bombe e dai missili russi, ma anche di fame. Abbiamo condiviso questo pane insieme con il Papa”.
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