Nel 2025 saranno quarant’anni. Un venerdì assolato, torrido, il cielo azzurro e una valle verde diventata improvvisamente grigia. Chi è stato testimone di quel giorno, non potrà mai dimenticare il paesaggio lunare e la morsa della polvere di fluorite che attanagliava la gola. Chi aveva avuto modo di vedere – prima – il pendio dei bacini di Prestavel, non riusciva a farsene una ragione. Così come risultava irreale il paesaggio senza le case e senza gli alberghi; un solo larice, alto e pieno di fango, rimasto in piedi, solitario nel vuoto tutt’attorno, a dare la misura di ciò che prima c’era e che era sparito in pochi secondi.
Sono i giorni dei ricordi e della memoria per evitare che tutto scompaia. La storia, per la “generazione Netflix” è fatta quasi esclusivamente di ciò che le “serie tv” sanno raccontare (a modo loro, ovviamente, con una narrazione che spesso è funzionale alla trama e non alla verità storica). Ciò che Netflix e le altre piattaforme non raccontano, rimane spesso solo una vaga indicazione da cercare su internet, affidandosi ai motori di ricerca dominati dalle logiche dell’intelligenza artificiale.
Proprio in questi giorni, uno sciopero generale sta suscitando l’interesse di tanti, una iniziativa sindacale che non si ricordava dagli inizi degli anni Sessanta: tutto il mondo di Hollywood ha deciso, infatti, di incrociare le braccia per rivendicare aumenti salariali (mica tutto il personale è pagato come la star) e per chiedere un protocollo che tuteli le loro professionalità rispetto a quello che oggi considerano il pericolo numero uno: l’intelligenza artificiale, per l’appunto.
Da una parte, gli attori (soprattutto quelli di seconda fila) che temono che l’AI (sigla a cui dovremmo abituarci) possa essere utilizzata per duplicare le loro voci e sembianze. Non si tratta di un timore infondato: i grandi “Studios” hanno infatti già chiesto di “poter scansionare i volti degli attori non protagonisti pagandoli per un giorno di lavoro e di poter possedere e utilizzare la loro immagine per sempre, in qualsiasi progetto, senza consenso e senza compenso”.
Dall’altra, gli autori e gli sceneggiatori protestano perché hanno compreso che i sistemi fondati sull’intelligenza artificiale potrebbero ben presto essere più competitivi (più veloci, meno costosi, capaci di rispondere con più precisione ai gusti del pubblico) della creatività e della fantasia umana.
Siamo di fronte ad una nuova rivoluzione che cambierà il sistema produttivo e il mondo del lavoro. La rivoluzione industriale mise fuori gioco i lavori più pesanti e ripetitivi, cancellando i mestieri che non richiedevano alcuna specializzazione; allo stesso tempo, ha però favorito la crescita delle opportunità e uno sviluppo economico e sociale che prima l’umanità mai aveva conosciuto. Un cambiamento radicale verrà prodotto anche dalla rivoluzione AI, ma in questo caso i “colletti bianchi” rischiano più dei lavoratori manuali. Secondo gli analisti di Goldman Sachs, a fronte di una crescita del Pil assai contenuta, “trecento milioni di posti di lavoro sono a rischio”: dai giornalisti ai dipendenti amministrativi, dai tecnici ai dipendenti del mondo della sanità dove “verranno automatizzate oltre un quarto delle attività”.
Già abbiamo conosciuto “ChatGPT”, il primo sistema di AI in grado di simulare ed elaborare conversazioni umane, capace cioè di rispondere a tutte le domande che gli vengono rivolte. Anche di scrivere un “paper scientifico”: lo hanno sperimentato in questi giorni gli scienziati dell’Istituto israeliano di tecnologia di Haifa e il risultato – dicono – è incredibilmente soddisfacente. Ma non c’è solo “ChatGPT” (che fa riferimento a Microsoft). A metà luglio è arrivato anche “Bard”, sistema gratuito di Google che si sta rapidamente diffondendo anche tra i “non esperti” perché per accedere sono sufficienti – per capirci – le credenziali che si usano per connettersi a Gmail. Non sarà comunque una lotta a due (Microsoft contro Google) perché Elon Musk (che aveva chiesto una moratoria di sei mesi sulle ricerche relative all’intelligenza artificiale) ha già annunciato un proprio sistema, “X.AI”, che sarà pronto tra qualche mese.
La domanda che tutti si pongono è quanto sia affidabile questo processo di elaborazione prodotto dall’intelligenza artificiale. Abbiamo provato a chiedere a “Bard (che è ancora in fase sperimentale) di parlarci della “sciagura val di Stava”. In tre secondi (tre) è arrivata la risposta: “La tragedia della Val di Stava fu una tragedia ambientale e umana che si verificò il 19 luglio 1985 nella val di Stava, in Trentino. Una colata di fango, causata dal crollo di due bacini di decantazione della miniera di Prestavel, uccise 268 persone, tra cui 22 bambini”.
“La colata di fango si formò a causa del cedimento dei bacini di decantazione che erano stati riempiti con detriti della miniera. I detriti erano costituiti da roccia, fango e acqua, e quando crollarono formarono una colata di fango che si riversò nella valle ad una velocità di oltre 100 chilometri orari.”
“La colata di fango uccise 268 persone, tra cui 22 bambini. Le vittime erano per lo più residenti di Stava e Tesero, i due paesi che si trovavano lungo il percorso. La tragedia della val di stava fu una delle più gravi tragedie ambientali e umane che si siano verificate in Italia. Ha portato a una serie di cambiamenti nella normativa ambientale e ha contribuito a sensibilizzare il pubblico sul tema dei rischi ambientali”.
Un testo asciutto, essenziale, con parecchie imprecisioni e qualche errore. Ma quanti trentini – nonostante l’impegno a tener viva la memoria – avrebbero saputo dire di più? Avrebbero saputo dire meglio? Domanda che spalanca la porta a tutte le riflessioni sull’intelligenza artificiale.
Lascia una recensione