E’ morto il giorno di Natale don Francesco Moser, missionario in Brasile e a Timor Est. Un testimone profetico e mite, anticipatore della Chiesa di Bergoglio
E’ stato e rimarrà un punto di riferimento per tanti nostri missionari, che nei raduni biennali gli affidavano spesso un ruolo di guida e di sintesi. Don Francesco Moser, “Chico” per i brasiliani, è stato salutato da una folta assemblea raccolta in San Pietro il 27 gennaio per il funerale a due giorni dalla morte, avvenuta a 81 anni nel giorno di Natale presso la Casa del Clero, a seguito della malattia che lo aveva costretto due anni e mezzo fa a fermarsi in Italia. C’erano con l’Arcivescovo tanti amici sacerdoti, che ne riconoscevano la passione evangelica e lo stile di vita povero, l’equipe del Centro Missionario che ha goduto del suo sostegno e dei suoi scritti, tanti giovani che avevano condiviso un mese estivo con lui, lo avevano apprezzato l mese estivo e anche tanti immigrati di varie nazionalità che avevano con lui condiviso gli incontri di “Migrantes” assieme a don Beppino Caldera. E proprio con l’ex direttore del Centro Missionario, fraterno amico, padre Chico aveva potuto due anni fa compiere due viaggi pastorali in America Latina e poi in Moldavia, raccontandoli su Vita Trentina.
Originario di Mezzocorona, per 36 anni prete Fidei Donum in Brasile (dal 1968 al 2004), Moser si era inserito nel cammino di coscientizzazione del popolo impoverito, a partire dall’ascolto della Parola, che gli aveva mantenuto il cuore aperto ai poveri di ogni latitudine. Tanto che nel 2004 aveva accettato la sfida di raggiungere con l’amico bolzanino Luis Fornasier la sperduta isoletta di Atauro, a Timor Est, per accompagnare quelle popolazioni in progtti di promozione umana ed evangelizzazione, ben raccontata nel film “Padri di Atauro”. Un’opera coraggiosa e instancabile, nutrita dalla preghiera, che gli valsero nel 2016 un premio nazionale da parte del presidente di Timor Est “per la promozione dei diritti umani“ in 12 anni di lavoro. Umilke e sobrio, non voleva se ne parlasse, per rivolgere sempre l’attenzione ai poveri – fossero i favelados di Fortaleza, le tribù indios dell’Amazzonia o le donne di Timor Est coinvolte nel riscatto sociale – e ad un futuro più giusto e fraterno, per tutti.
“Correva più veloce”, don Francesco, come l’apostolo al sepolcro. E’ l’immagine scelta dall’Arcivescovo Lauro per testimoniare l’urgenza di Moser per i poveri, sull’esempio del Gesù di Nazareth che tanto amava. Ma ha voluto sempre anche denunciare le cause della povertà: condividere con i poveri per lui era anche studiare senza sosta, analizzare e gridare i motivi strutturali della loro condizione. “La nostra Chiesa in questi due anni e mezzo ha goduto della presenza di don Francesco – ha osservato l’Arcivescovo – che attraverso la frequentazione fresca della Parola sapeva esercitare i valori evangelici della mitezza e del perdono, anche se avrebbe potuto essere aggressivo verso la nostra Chiesa che a volte rallenta il passo”. “Nel giorno in cui il Verbo è sceso sulla terra – ha concluso parlando della morte nel giorno di Natale – lo stesso Verbo si è portato in cielo un servo generoso dei poveri, che amava Dio e amava profondamente questa vita”.
Al termine del funerale, dopo i saluti dei vescovi missionari, il grazie dell’equipe del Centro diocesano e di altri volontari della cooperazione internazionale, è stato il missionario Luigi Sartorel a leggere il testo inviato dalle comunità brasiliane; ringraziano “un profeta della Chiesa missionaria in uscita, sempre a servizio delle comunità ecclesiale di base”; un “uomo speciale” che ha ricercato “giustizia, fraternità e difesa della vita”, ma anche “un padre” che ha fatto crescere la sua famiglia e i suoi discepoli, un maestro della missione che nasce sempre dal Vangelo, letto, studiato, pregato e applicato comunitariamente”.
Precursore della “Laudato sì’”, divoratore di libri e riviste, sempre aggiornato sui fenomeni e i movimenti globali, padre Chico credeva molto nel ruolo dei media e di Vita Trentina in particolare: corrispondente prezioso, in questi ultimi due anni era diventato anche consigliere discreto, soprattutto amico. “Correvi più veloce”, davvero Chico, e ci suggerivi da tempo di editare un libro per raccontare – prima dell’atteso Sinodo d’autunno – i problemi dell’Amazzonia visti con gli occhi dei missionari trentini. O, meglio, con gli occhi dei tuoi poveri.
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