Era il compagno delle lunghe giornate trascorse in spiaggia, immancabile sotto l’ombrellone, una lotta senza fine con i refoli di vento e con la sabbia che si insinuava tra le pagine. Ci stava anche la solita richiesta del vicino – “posso dare un’occhiata?” – che era anche il modo per iniziare un dialogo sui fatti di cronaca, un confronto (prudente, visto il clima rilassato) sulle vicende politiche, un commento al calciomercato o alle ultime notizie di gossip. Oggi, nelle ore oziose delle vacanze, i giornali cartacei sono un vezzo solo per piccole nicchie di vacanzieri attempati. Inutile cercare qualche quotidiano sulle sdraio, proprio non ce ne sono. Anche se continua la tradizione dei giornali locali (come l’Adige) di far comunque arrivare il giornale nei punti vendita delle principali località di vacanza.
Colpisce invece la continua sequenza di occhi fissi sugli smartphone, ciascuno nella propria nuvola di connessioni senza pause. Sedici anni fa, era il 2007, fece discutere un piccolo saggio tascabile edito da Donzelli: “L’ultima copia del New York Times”, scritto da Vittorio Sabadin (all’epoca, vicedirettore del quotidiano La Stampa). Iniziava con una frase di Rupert Murdoch, allora il più importante editore del mondo. “Il mondo sta cambiando molto in fretta. Chi è grande non sconfiggerà più chi è piccolo, ma chi è veloce batterà quelli che sono lenti”. L’autore del libro citava anche l’editore del New York Times, Arthur Sulzberger jr, che aveva confessato – eravamo appena entrati nel nuovo secolo – di non credere che il suo giornale sarebbe stato ancora in edicola nel 2013: “l’edizione su carta sarà sostituita da contenuti diffusi attraverso Internet”.
Vent’anni dopo quella previsione, possiamo dire che il New York Times è ancora in edicola, così come quasi tutti i principali quotidiani del mondo, ma quella profezia si sta comunque realizzando. A Roma, i vecchi chioschi ottagonali che coloravano la città, non sono più edicole dove consumare il quotidiano rito dell’acquisto dei giornali, ma sono diventati dei punti vendita di souvenir, di cappellini e, nella stagione del caldo, di bottigliette di acqua minerale. Della loro antica funzione è rimasto solo quella scritta – “edicola” – posta nella parte superiore della struttura, accompagnata dalla pubblicità del giornale locale. Quasi un voler evidenziare ciò che era e che ora non lo è più.
Nel libro di Sabadin si faceva riferimento ad Internet come lo si conosceva allora, una rete ricca di opportunità ma consultabile soprattutto da casa o da ufficio. Non si poteva ancora far riferimento a quel nuovo strumento che avrebbe portato internet ad essere sempre con noi, in ogni momento, in ogni luogo. La rivoluzione, infatti, nasceva proprio in quei mesi: il 9 gennaio 2007, sul palco del Macworld Expo di San Francisco in California, Steve Jobs presentava il primo modello di iPhone, “il primo telefonino al mondo – disse, lasciando tutti a bocca aperta – con il quale si poteva telefonare, ascoltare musica e navigare in rete”.
Tutto ciò che era stato previsto prima, grazie a quello che oggi chiamiamo smartphone, ha subito una supersonica accelerata. Oggi tutti leggiamo le notizie in tempo reale, direttamente sullo schermo colorato che abbiamo in mano. I giornali si sono organizzati per potenziare e rendere efficaci i propri siti online: le informazioni si rincorrono senza sosta, senza alcun appuntamento fisso, flusso continuo, con contenuti che affrontano ogni aspetto. La morte di Berlusconi ne è un esempio: a mezzogiorno, poche ore dopo il decesso, i siti informativi di tutti i giornali erano in grado di offrire le notizie, le ricostruzioni storiche, i video più significativi, le riflessioni e i commenti. Tutti potevano legge tutto, ciascuno poteva trovare ciò che cercava. Al punto – ha notato Avvenire analizzando i dati Auditel – che persino le televisioni avevano pagato il prezzo dell’essere arrivate in seconda battuta.
Per i giornali, nella forma che abbiamo sempre conosciuto (cartacea o digitale), il ritardo diventa ancora più pesante: sconfitti da una concorrenza prodotta da loro stessi, vittime delle proprie redazioni che accanto al quotidiano tradizionale devono produrre anche un’informazione “no stop” che sta diventando il “core business” degli editori.
Sulla spiaggia, dunque, tutti con lo smartphone in mano: per leggere notizie, guardare video, scorrere i social. Con l’effetto perverso di avere tante informazioni, ma essere anche meno informati. Perché quando si corre, le cose scorrono via velocemente, i particolari diventano sfuocati: si percepiscono, ma non vengono elaborati. E se è vero che anche con i giornali cartacei, alla fine della giornata, si chiudono le pagine e, l’indomani, se ne aprono altre, con il flusso delle notizie online nulla ha più un inizio e una fine, tutto diventa protagonista “hic et nunc”, qui e ora. Perché, anche solo tra un attimo, tutto potrebbe essere cambiato, senza lasciare memoria di ciò che è successo prima.
Lascia una recensione