Don Tarcisio, un dono “senza riserve”

Commozione e riconoscenza sabato pomeriggio nella “sua” San Bernardo di Rabbi per il saluto cristiano a don Tarcisio Guarnieri, con un’immensa folla proveniente dalle comunità per le quali è stato parroco come “un dono agli altri senza riserve”. L’Arcivescovo Tisi che lo ha accompagnato anche nelle lunga malattia ha potuto parlare del “compimento di una vita”, riconoscendo come don Tarcisio nella sua profonda umanità, rivolta ai deboli e agli oppressi, abbia sempre fatto riferimento a Gesù di Nazareth, suo maestro e ispiratore.

Prima a Predazzo, poi a Dimaro, nella periferia trentina dei Solteri e quindi a Mori e Besagno aveva dato e ricevuto amicizia, prendendo le parti degli ultimi e insieme anche sapendo richiamare all’attenzione di tutti l’impegno per la giustizia e la pace nel mondo. “Ci ha dato tante lezioni – ha riassunto don Lauro, citando quella di saper guardare alla Chiesa n”non come comunità di perfetti, ma come comunità riconciliata dalla misericordia di Dio”. Davanti a tanti confratelli e amici, alcuni rappresentanti delle comunità hanno ricordato alcuni tratti del suo stile (“Amavi il Dio che sta tra i vinti della terra. E a tuo modo, scavando e tuonando, ne hai testimoniato la profonda bellezza”, ha scritto una parrocchiana di Besagno di Mori) e anche la sua fede tenace nei momenti della malattia.

Da amico personale, ha parlato anche l’ex sindaco di Trento Lorenzo Dellai che lo ha descritto come “una luce grande” di cui abbiamo bisogno “per ritrovare un sentiero sempre più avvolto nelle nebbie”. “Era capace di dolcezza disarmante, senza vuote retoriche di maniera – ha aggiunto – perché la sua era la dolcezza dell’amore e dell’incontro vero con l’altro, non quella delle sole forme esteriori.Era capace di ascolto e di dialogo adulto, senza mai essere accondiscendente: perché riconosceva dignità ai suoi interlocutori”.

Restano la nostalgia e la riconoscenza per un sacerdote che “ha seminato molto con costanza, coerenza e coraggio, senza farsi condizionare dalla gramigna”. In un’intervista del 2012 a Vita Trentina a Mori si era detto convinto che “si debbano fare meno Messe ma più messa in pratica del comandamento dell’amore”.

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